Note di regia del documentario "Italian Soldiers"
Nell'aprile 2001 mi è stata proposta una partecipazione al film "Captain Corelli's Mandolin". Io faccio il regista e benché ami e aneli diventare un vero attore (soprattutto il mio ego lo desidera in modo spesso seccante) ho accettato il lavoro con il preciso intento di tramutarlo clandestinamente in uno stage holliwoodiano di regia.
John Madden (Shakespeare in love) era il regista, Nicolas Cage, Penelope Cruz e uno dei miei attori preferiti, John Hurt, gli interpreti principali.
John Toll il direttore della fotografia (La sottile Linea Rossa e Braveheart), produttori inglesi della Working Title e soldi americani della Universal. Almeno due mesi di riprese a Cefalonia in Grecia, la storia tratta dall'omonimo best seller di Louis de Bernieres incentrata sulla vera strage degli italiani attuata dai tedeschi a Cefalonia durante la seconda guerra mondiale. Una pagina di storia ignorata e considerata tabù fino a meno di due anni fa.
Benché molto indaffarato decido di accettare, d'accordo con Alberto Molinari e Francesco Struffi, che insieme a me formano GANGA. Sotto questo nome esotico e foneticamente infantile nascono i nostri lavori: videoclip musicali, documentari, cortometraggi e amenità varie.
Ma arriviamo al punto. Una volta sul set non ci vuole molto per capire che stava avvenendo qualcosa di molto interessante: la flemma e l'establishment anglosassone stavano sottilmente cedendo sotto l'energia di tredici giovani attori tricolori, per lo più alle prime armi. D'altra parte questi ultimi erano completamente sopraffatti dall'organizzazione, l'efficienza e dalla "raggiunta irraggiungibilità" delle star del film, dove anche la truccatrice era un premio Oscar.
Se in prima istanza l'idea era stata quella di un documentario storico che esplorasse le testimonianze greche della strage di Cefalonia, insieme alla finzione contemporanea che ne rappresentava la tragedia, subito dopo la mia attenzione si era concentrata su ciò che stava accadendo davanti ai miei occhi. Non avevo ne' la preparazione scientifica ne' i mezzi per realizzare qualcosa che avesse una dignità storiografica e poi sentivo la vicenda umana che stavamo vivendo più consona ai miei mezzi espressivi.
Chiamo gli altri Ganga che mi consigliano di farmi una vacanza e riposarmi visto lo stato psicofisico in cui normalmente versiamo. Ma, al solito, la passione e la frenesia per un nuovo lavoro hanno la meglio: definiamo la questione e preparo un progetto da sottoporre alla produzione. Primo tra tutti espongo l'idea a Madden che l'accoglie con la consueta ma eccezionale gentilezza che lo distingue. Poi Kevin Loader, uno dei producer, entusiasta ma scettico riguardo ai boss della Universal, cui però invia il progetto.
Dopo tre giorni arriva un contratto da Los Angeles che mi autorizza a fare le riprese, la Universal non metterà un dollaro nel documentario, vuole avere il controllo finale per proteggere l'immagine del film, ma dà il via libera.
Il resto di Ganga è impegnato in Italia in due videoclip, dunque realizzo il lavoro completamente da solo. La mia ragazza mi raggiunge portandomi l'attrezzatura, cioè una videocamera MiniDV, un cavalletto, un minidisc e i nastri. Il documentario è realizzato interamente con riprese originali, non c'è alcun estratto dal film. Molte difficoltà e molte soddisfazioni: lavoro dodici ore al giorno spesso contemporaneamente alla mia partecipazione come attore. Grandi soddisfazioni come la disponibilità e la collaborazione di tutti i ragazzi e della maggior parte della produzione, Madden in testa.
Non è stato facile far capire l'intento di Italian Soldiers nemmeno agli stessi protagonisti, cioè che non si trattava di un backstage del film di Madden ma di un altro film che cercasse di fotografare un segmento di vita.
L'aspetto fecondo e contraddittorio che evolveva di giorno in giorno era la Coscienza da parte degli italiani di essere stati chiamati a rappresentare i propri luoghi comuni nazionali così amati dagli inglesi che però venivano da loro perseguiti puntualmente anche fuori dal set. Si trattava di uno stato un po' estraniante, una vacanza lavoro straordinaria che, con un volo pindarico, si può definire anche una sentenza di morte per degli attori che anelano a interpretare ruoli lontani mille miglia da se stessi. Vista anche la storia del film di Madden (la strage degli italiani), il cameratismo, la gioia e la fatica consumata dai tredici attori, è nato subito il titolo Italian Soldiers.
Personalmente ero avvantaggiato rispetto a tutti gli altri nel cogliere certi aspetti poiché non mi considero un vero attore e dunque non ero ne' troppo fragile ne' perentorio nel vivere quel ruolo. E poi, tra tutti, probabilmente ero il meno italiano nell'accezione esotica, cioè il più appartato e meno estroverso. Caratteristica che se da una parte mi precludeva una parte del divertimento, dall'altra, mi permetteva di testimoniare quello che stava accadendo.
Alcuni dei motivi che mi hanno convinto a fare il documentario si sono scoperti oculati anche viste le polemiche annunciate, soprattutto in Italia e Grecia, relative all'immagine ritratta in "Captain Corelli's mandolin" di italiani e greci.
Il primo risultato di "Italian Soldiers" è stato quello di suscitare il genuino entusiasmo del grandissimo attore inglese John Hurt che, dopo la visione del documentario, ha dichiarato solennemente di voler fare un film con noi. È già abbastanza.
Francesco Cabras
25/08/2011, 14:28