Note di produzione del documentario "Inti-Illimani:
Dove Cantano le Nuvole"
Il percorso di quest’opera è stato, fin da subito, caratterizzato dalla casualità. L’incontro fortuito con il tour manager degli Inti-Illimani, Hernan, è stata la scintilla. Lo abbiamo raccontato in giro e abbiamo avuto modo di capire che quello che ronzava nei nostri ricordi di bambini era ancora vivo nelle emozioni dei nostri genitori e di molti loro coetanei. Per comprendere gli Inti-Illimani, infatti, bisognava essere stati coinvolti in un preciso capitolo della storia del nostro Paese e del mondo e conoscere la realtà in cui erano stati eletti a bandiera della lotta contro la dittatura e il fascismo.
Presi gli accordi con Andrea Petrozzi della World Video siamo partiti con Mario Pantoni, amico e operatore che lavorava nella stessa produzione, alla volta di Taranto, prima fra le tante tappe dei tour annuali che gli Inti-Illimani fanno in Italia.
Avevamo tre videocamere differenti e nessuna strumentazione audio, se non un semi direzionale valido per le interviste e un’asta. Il problema più grande era come riprendere l’audio ai concerti.
Finito il tour in Italia abbiamo deciso di raggiungerli in Cile, dove abbiamo toccato con mano il valore e l’importanza nazionale del gruppo.
Durante la dittatura di Pinochet, repressione che ha lasciato tracce indelebili nei cileni della nostra generazione, gli Inti-Illimani erano la musica clandestina.
Per questo sono ancora oggi amati come dei liberatori, portatori di ideali e fede nel cambiamento.
Il nostro viaggio ci ha permesso di conoscere le loro origini e constatare la percezione quasi mitica che si ha del gruppo nel Paese.
Mario non è venuto in Cile. Al suo posto è subentrato Riccardo Tonni in qualità di operatore e direttore della fotografia.
Guardandomi indietro sarebbe stato molto più utile un buon tecnico audio, sia per l’uso fatto della fotografia, sia per il dissapore che questo cambiamento portò. Giunti a Santiago con la stessa strumentazione tecnica, pensammo bene di sfruttare la professionalità di Riccardo, affittammo un 5000 e facemmo la ripresa che oggi apre il documentario nell’officina degli Inti-Illimani.
Nei giorni a seguire continuammo con il modulo italiano: interviste, riprese di concerti, testimonianze. L’obiettivo era entrare il più possibile nel privato di questi personaggi al fine di restituirne allo spettatore un quadro completo.
Seguimmo gli Inti-Illimani nel Tour per la Bachelet, conoscemmo i loro genitori, entrammo nelle loro case, parlammo con i loro insegnanti e i loro maestri. Ma qualcosa non ci tornava. L’ossatura del racconto mancava ancora. Decidemmo così di far raccontare a Jorge tutta la storia del gruppo dalle sue origini.
Ciò fatto pensammo di avere una traccia su cui snodare il racconto. Rimaneva il problema audio dei live: a distanza di mesi andammo a Capannelle a riprendere l’immenso concerto che fecero insieme a Daniele Silvestri, anche lui particolarmente legato agli Inti-Illimani fin dall’infanzia e che nel progetto si è rivelato il traino fondamentale per la sua divulgazione in Italia.
Fu una delle poche occasioni in cui avemmo la possibilità di collegare l’audio alla consolle e ancora una volta il pubblico si esaltò per El Pueblo Unido....
Paolo Pagnoncelli