VERA - Il presente raccontato dopo una vita particolare
"
Vera", il documentario di
Francesca Melandri presentato alla
Casa del Cinema di Roma (12-16 novembre 2011), non è il classico film biografico su una superstite della Shoah, sebbene dalla sinossi si possa essere ingannati.
La
Vera del titolo è un'ebrea croata di 88 anni e, come tanti, a 16 ha perso tutto ciò che aveva: il nazismo le ha portato via la famiglia, gli affetti, una vita intera.
Salvata miracolosamente da un carabiniere italiano – che l'aiutò a riparare nel nostro Paese dove vive dalla fine della guerra –
Vera Martin ha avuto una vita avventurosa, segnata da un dolore incommensurabile ma anche da un'eccezionale voglia di vivere. E da un amore: quello per i cavalli.
Arrivata in Italia, lavora prima a
Radio Trieste, poi, dopo un matrimonio fallimentare con un ufficiale britannico, inizia la sua carriera come giornalista per la
Reuteurs e altre agenzie di stampa. Ma la vera passione di Vera sono i cavalli da corsa, che accudisce in ogni momento libero. Una passione travolgente che diventerà in poco tempo il suo lavoro:
Vera inizierà ad allevare cavalli da gara, continuando questa professione a tutt'oggi.
Ed è qui che s'inserisce
Francesca Melandri, che la segue durante i giorni concitati del travaglio (e poi, del parto) di uno dei suoi purosangue e, intanto, ne raccoglie le memorie di una vita intera.
Nel racconto del presente di
Vera – fatto di lavoro duro, costante e di non pochi sacrifici – affiorano i ricordi di quegli anni, snocciolati davanti alla camera da presa con commovente dignità.
Abbiamo incontrato la regista per capire la genesi di questo interessante lavoro.
Innanzitutto, come è nata l'idea di girare questo film?
Ho conosciuto Vera durante un pranzo, e da subito mi sono innamorata della sua storia; così, le ho chiesto se le sarebbe andato di raccontarmela, magari davanti a una telecamera, e l'ho seguita per alcuni giorni in questo posto meraviglioso nel quale alleva i suoi cavalli, alle porte di Roma. Lì, armata solo di un bloc notes, ho scandagliato la sua vita, cercando di capire fin dove avrei potuto spingermi. Poi è venuto il resto.
L'aspetto interessante del tuo documentario è la scelta di raccontare questa storia in una prospettiva insolita: poco proiettata nel passato e molto nel presente.
Sì, esatto. Non volevo raccontare l'Olocausto, volevo fare qualcosa di diverso. La mia domanda drammaturgica era: “Cosa succede dopo aver vissuto un evento così tragico? Cosa accade 70 anni dopo?”. E la testimonianza di Vera, in tal senso, è preziosa. Peccato che tutti i produttori cui ho proposto il progetto storcevano il naso: sostenevano che nel film non ci fossero abbastanza materiali di repertorio e tutti gli elementi tipici di questo filone.
Ma io non volevo fare un documentario storico, bensì uno sul presente di una persona con quel tipo di vissuto.
Dove sarà possibile vedere il tuo film prossimamente?
Il documentario sarà presentato oggi, 14 novembre, a Bergamo nell'ambito della rassegna Il Grande Sentiero. Poi a Terni, venerdì 25 alle 15,30 all'Umbria Film Festival Popoli e Religioni e infine a gennaio, a Bolzano, per la Settimana della Memoria.
14/11/2011, 09:26
Lucilla Chiodi