DOC/IT AWARD 2011 Tutti i ragazzi di "Left by the Ship"
Oggi la baia di
Subic, a tre ore di macchina da
Manila, è un bellissimo posto di villeggiatura ma forse non tutti sanno che agli inizi degli anni cinquanta divenne la sede di una delle più grandi basi militari americane dell’aria asiatica. Nel giro di pochissimo tempo un piccolo villaggio di pescatori ai confini della baia, Olongapo, si è affollato di night club dove i soldati americani si sono nutriti dei sogni e delle aspettative di migliaia di ragazze provenienti da ogni parte delle
Filippine in fuga dalla povertà dei loro villaggi di origine.
E’ così che sono nati gli "
amerasiatici", metà filippini e metà statunitensi, più di 50.000 bambini esposti al razzismo e al pregiudizio della società in cui vivono a causa di tratti somatici diversi che tradiscono le loro origini.
Left By the Ship, cioè abbandonati dalle navi, il film documentario di
Emma Rossi-Landi ed
Alberto Vendemmiati, in concorso per il
DOC/IT Professional Award, narra di questa realtà drammatica e pressoché sconosciuta attraverso le vite di quattro di loro
Robert,
Charlene,
Margerita, e
Jr, ognuno con una personale storia di abbandono.
"Quando abbiamo deciso di andare nelle Filippine per studiare il progetto ci aspettavamo una dimensione politica sociale del fenomeno, invece la gente non ne vuol sentire parlare. Figli di prostitute e cresciuti senza padre, questo è il marchio che gli amerasiatici filippini si portano dietro tutta la vita senza alcuna possibilità di riscatto sociale". Così
Emma Rossi-Landi spiega il destino della maggior parte dei figli nati dalle relazioni tra prostituite e soldati americani dopo la chiusura della base diciotto anni fa.
E tra questi c’è
Robert, 30 anni: "Non voglio niente da te, tranne che tu sappia che io esisto. Anch’io adesso ho dei figli e la loro esistenza mi costringe a pensare a te". Sono queste alcune delle parole che rivolge al padre sconosciuto in una immaginaria lettera.
Robert ha comunque un buon lavoro, fa il giornalista, ma questo non lo protegge da discriminazioni e abusi per le sue origini.
Ci sono storie di giovani donne abbandonate con i figli anche dopo lunghi anni di convivenza con i soldati americani. Come la madre di
Charlene, 18 anni: "Piuttosto che andare a letto ogni sera con uno diverso, preferivo essere assegnata ai soldati per periodi prolungati. Una moglie in affitto che cucinava lavava e puliva, in cambio di una tariffa mensile".
Contrariamente a molte altre famiglie con figli amerasiatici, tra madre e figlia si è instaurato un bel rapporto.
Poi c’è
Margarita, 13 anni. Amerasiatica di seconda generazione, trascorre le giornate in strada chiedendo l’elemosina dopo essere stata abbandonata anche dalla madre che ha preferito rifarsi una vita sposando un uomo filippino.
Ed infine il caso di
Jr, 18 anni. Nonostante sia uno dei pochi ad essere stato riconosciuto, una volta rientrato negli Stati Uniti il padre non ha voluto più saperne di un figlio nato comunque da una relazione illegittima.
Una beffa per il ragazzo ma nella storia degli amerasiatici filippini c’è un’anomalia inspiegabile. Nonostante il paese sia un alleato degli Stati Uniti, gli amerasiatici filippini sono stati esclusi da una legge americana che riconosce ai figli di soldati statunitensi nati in Vietnam, in Corea, in Thailandia o in Laos il diritto di diventare cittadini USA.
Probabilmente estendere anche agli amerasiatici filippini l’Amerasian Act, significherebbe un’assunzione di responsabilità in quello che si può configurare come un vero e proprio sfruttamento della prostituzione.
01/12/2011, 09:14
Monica Straniero