Jaco Van Dormael: "Un film è come un messaggio in bottiglia"
Il festival ha inaugurato con il suo ultimo film, "Mr. Nobody", ed è stato un successo.
Jaco Van Dormael: Fare un film è come buttare un messaggio in una bottiglia, non sai mai se qualcuno la troverà, e se il messaggio verrà compreso.
Qui a Torino il film è stato accolto benissimo, a Shanghai qualche mese fa erano in sala quattro spettatori, e due se sono andati via prima...
Due temi tipici del suo cinema sono la scelta e il tempo.
Jaco Van Dormael: Cerco di imitare i meccanismi del pensiero. Nei film il finale dà un senso a tutto ciò che si è visto prima, nella vita purtroppo no e quindi io cerco di consolarmi con le mie storie.
Il tempo mi affascina: ci sono minuti che durano ore, anni che durano minuti. Mi interessa la natura del tempo, che è molto complesso: c'è il tempo fisico, quello della memoria, quello della percezione (è questo che più mi interessa).
Spesso nei suoi film e nei corti lei lavora con bambini e disabili mentali.
Jaco Van Dormael: Sì, mi piace lavorare con loro perchè hanno l'intelligenza dei sentimenti, l'unica che per me conta. E poi non si pongono l'obiettivo della carriera, si affidano al regista.
Torniamo a "Mr. Nobody", un film grandioso (37 milioni di dollari di budget) e meraviglioso.
Jaco Van Dormael: Ed è stato un fiasco totale dal punto di vista commerciale!
I registi fanno i film, è l'industria che crea le scie che li portano al pubblico e decidono quali film possono entrare nel flusso. Il mio è rimasto bloccato da qualche parte, hanno deciso che non aveva chance.
C'erano alle spalle due grossi investitori, Pathé e Wild Bunch, che hanno girato le spalle al film dicendo che non volevano spendere più soldi in distribuzione e promozione. E non lo hanno distribuito.
Il suo destino si è deciso il primo giorno di programmazione in Francia, non era ancora finita la prima proiezione che mi hanno chiamato e mi han detto: "Il film è morto".
Da lì molti paesi si sono tirati indietro, è uscito solo in Spagna e Belgio, in cui è andato benino, e a Mosca (con 100.000 spettatori paganti, chissà perchè?).
E poi si trova piratato su internet, sono orgoglioso che sia la versione director's cut a girare online, scaricatela!
Mi hanno imposto di tagliare il film di 20 minuti per renderlo più "commerciabile", ma poi non lo hanno distribuito lo stesso... Avevo il diritto al "taglio" finale, ma mi dissero che se lo avessi imposto avrebbero affossato il film (poi lo hanno fatto lo stesso!).
E dire che lo avevano anche scelto per Venezia, ma i produttori lo hanno ritirato in attesa che facessi la versione più corta...
Un ruolo importante nei suoi film ha la musica di suo fratello Pierre.
Jaco Van Dormael: Mio fratello considerava la musica da film un genere di serie b (il meglio per lui era il jazz e Bach), scriveva le colonne sonore perché mi faceva un favore.
Per "Toto le heros" gli avevo chiesto una musica straordinaria da associare a una vita banale, per "L'ottavo giorno" ne volevo una più classica, d'accompagnamento. Per "Mr. Nobody", invece, gliene ho chiesto una semplicissima, ed è la sua più bella.
Purtroppo era già malato quando l'ha finita e non poteva suonarla. Ne ha registrato solo alcune parti, nel giro di un mese in uno studio solo con me. Il tumore ai polmoni non gli dava tregua, lui riusciva a suonare solo a "blocchi" da 90 secondi, in apnea, col terrore di accelerare troppo con la sua chitarra... E' il regalo più bello che mi abbia fatto.
Lei è credente?
Jaco Van Dormael: No, non sono credente. Mio fratello Pierre lo era, lui apriva la Bibbia e leggeva la pagina che gli capitava, convinto che lì fosse scritto ciò che Dio voleva da lui per quel giorno. Poi si metteva a comporre: "Dio guida la mia mano", diceva.
Io invece procedo pieno di dubbi, ritengo che siano più interessanti delle certezze, così come le domande mi interessano più delle risposte.
Cosa c'è nel suo futuro?
Jaco Van Dormael: Come cineasta sono troppo lento, ho fatto tre film in vent'anni, quindi sono passato al teatro!
Lo spettacolo si chiama "Kiss & Cry", in autunno saremo in Italia. Mia moglie, la ballerina Michelle Anne Demy, mi ha sfidato chiedendomi: è possibile fare un lungometraggio su un tavolo da cucina?
E' uno spettacolo difficile da spiegare, facciamo un film in diretta, sulla scena (c'è uno schermo sullo sfondo in cui lo spettatore vede quello che viene girato in scena, in pratica vede il film e il making of insieme!).
La protagonista è un pupazzetto di 1.5 centimetri, una vecchia signora di cui narriamo la vita attraverso il ricordo delle sue storie d'amore. E' una sorta di cinema effimero.
11/12/2011, 09:49
Carlo Griseri