Note di regia del film "Il Restauratore"
Il popolo dei Fenici, quando navigava, era solito mettere in torretta, sulle navi, un uomo di guardia. A quest’uomo veniva inferta una ferita di proposito, su una coscia o su un braccio. Questa ferita serviva perché il dolore lo teneva sveglio. Ma faceva anche in modo che l’uomo fosse più attento, perché il dolore dona una sensibilità nuova: una particolare, acuita capacità di attenzione.
Il restauratore è un uomo che ha una ferita profondissima: si è vendicato, in passato. E questa ferita, questo dolore, gli ha donato una sensibilità che prima non aveva: quell’attenzione particolare verso gli altri, verso il mondo che gli ruota intorno. L’idea della serie nasce proprio da questo e per questo: raccontare che se c’è in ognuno di noi un’attenzione, una sensibilità particolare verso gli altri, verso le persone che ci sono accanto, possiamo recepire i problemi di queste persone, migliorare le loro vite, e di conseguenza migliorare anche le nostre. Il restauratore è proprio questo. È un personaggio che riesce a vedere oltre, perché ha una sensibilità che nasce da una ferita ancora aperta, e quindi cerca di riparare ai suoi errori compiuti in passato, aiutando gli altri a non commettere gli stessi errori.
L’errore del nostro restauratore è stato quello di vendicarsi di un torto subito, ed è quindi nei confronti della vendetta che ha sviluppato, involontariamente, una particolare sensibilità: entrando a contatto con oggetti che appartengono a persone che, dopo aver subito un torto, stanno per vendicarsi o che, dopo aver perpetrato un’ingiustizia, stanno per subire una vendetta, Basilio, il nostro restauratore, riesce a “vedere” frammenti futuri delle loro vite e le conseguenze dei gesti criminosi che stanno per compiere o per subire. Ed è su questi indizi che svolge le indagini, per tentare di intervenire e aiutarli e cercando nello stesso tempo di guarire anche la propria ferita.
Imarcarsi nell’avventura della regia dopo aver collaborato alla scrittura di una storia è sempre una grandissima emozione. Stavolta, per me, è stata un’emozione acuita dalla possibilità di lavorare con Lando Buzzanca. Lando è un personaggio davvero incredibile. Io lo chiamo “Re Leone”, perché ha una resistenza veramente fuori dal comune, una voglia di lavorare, un entusiasmo nel recitare, riscontrabile in pochi altri. Oltre a questo, è dotato di una generosità immensa. L’ho visto molte volte recitare in condizioni climatiche difficili, resistere dopo ore di riprese, e nonostante questo aiutare, incitare i colleghi più giovani e inesperti. Per cui ringrazio Lando per le emozioni che ha saputo regalare a tutti quanti, a me per primo. E il mio grazie va a tutti coloro i quali hanno collaborato alla serie, rendendone possibile la realizzazione, a cominciare dai produttori Alessandro Jacchia e Maurizio Momi, gli altri sceneggiatori e Paola Masini della Rai.
Oltre a Lando Buzzanca, mi piace ricordare tutti gli altri attori che hanno partecipato a “Il Restauratore” e che hanno “sopportato” i miei metodi di lavoro, sempre con entusiasmo e fiducia: da Martina Colombari a Beatrice Fazi, da Paolo Calabresi a Marco Falaguasta, Claudio Castrogiovanni, Caterina Guzzanti… e tutti gli altri che non nomino per non creare un elenco “esagerato”. Ma che sono e saranno sempre nel mio cuore.
Salvatore Basile
Fin dal primo istante in cui mi sono accostato a “Il restauratore” sono rimasto incuriosito e affascinato dall’originalità e dalla potenza della storia, capace di arrivare dritta al cuore, attraverso una narrazione totalmente diversa da quella a cui siamo abituati nelle fiction italiane.
L’elemento caratterizzante è il dono che possiede il protagonista Basilio, le “luccicanze”, cioè la possibilità di vedere attraverso il contatto con gli oggetti stralci di futuro. Egli scopre cosi di avere la possibilità di prevenire delitti e incidenti che coinvolgerebbero chi è stato in contatto con l’oggetto.
Naturalmente questo sconvolge l’esistenza di Basilio, scoprire di avere questo “dono” lo travolge: si trova a dedicare la propria vita al tentativo di salvare, di “restaurare” le vite degli altri. È un atteggiamento generoso, che però porta con sé molte scelte difficili e prove da superare, oltre a costringerlo a confrontarsi con i propri errori commessi nel passato.
“Il restauratore” si rivolge a un pubblico trasversale, e d’altra parte rappresenta una ricca contaminazione di generi e stili, rispettando i grandi archetipi letterari ma rinnovandoli. Le risorse più affascinanti di questa serie sono, a mio avviso, la scelta di diversi livelli di lettura che offre per la diversità di storie che racconta, e la carica umana che hanno i protagonisti.
In tutti i film per dare profondità ai personaggi, oltre al lavoro di sceneggiatori e regista, è fondamentale la scelta degli attori, e anche qui siamo stati molto fortunati, perché i personaggi sono tanti ma sono molto soddisfatto delle scelte che abbiamo condiviso.
Lando Buzzanca è un attore meraviglioso col quale ho avuto in passato due esperienze professionali eccellenti. Per me è stato un ritrovamento tenero, pieno di curiosità e interesse, e ho trovato che è rimasto lo stesso attore straordinario che ho conosciuto in passato, ma finalmente anche lui ha potuto scoprire un altro se stesso, non solo dal punto di vista artistico ma anche dal punto di vista umano. Ma sono estremamente soddisfatto anche dell’incontro con Martina Colombari: ha realizzato un personaggio complesso come Maddalena, una donna intelligente, sensibile, estremamente affascinante ma dal carattere molto difficile… anche con lei il lavoro è stato straordinariamente piacevole. E poi c’è il mio amico Paolo Calabresi, un attore di grande preparazione e dalla comicità irresistibile, Beatrice Fazi è un’attrice sensibile, anche lei dotata di una comicità trascinante, e ci sono anche una miriade di attori esperti o giovanissimi, tutti si sono messi al servizio del progetto con umiltà e passione. Ogni mattina delle riprese mi sono svegliato carico di entusiasmo e di buonumore perché sapevo che li avrei incontrati sul set.
Giorgio Capitani