Note di regia di "Cosimo e Nicole"
Tutto nasce dal desiderio di raccontare, attraverso la storia di una giovane coppia, la generazione a cui appartengo (o almeno a cui appartenevo circa 5 anni fa, quando ho cominciato a scrivere questa storia e non avevo ancora superato la soglia dei 30). Sono andato alla ricerca di due ragazzi che si amassero davvero, con la libertà di chi non ha niente da perdere, senza prudenza, senza paura, solo passione. Volevo che si amassero spudoratamente e senza freni.
Anche se questo sentimento appare tanto elementare, quasi ingenuo, mi sono reso conto che non è affatto un sentimento diffuso, anzi, in una cultura come la nostra, immersa nel pessimismo, nella frustrazione e nel perbenismo, è assai difficile trovare “casi” come quello che stavo cercando.
Cosimo e Nicole infatti sono una coppia poco convenzionale. Sono vagabondi e senza una reale meta che non sia il semplice gusto stesso di vivere assieme. Non hanno legami, sono precari per scelta, indipendenti, incasinati e un po’ incoscienti. Più che l’amore, trovano reciprocamente, all’interno del loro rapporto, la complicità dello spirito, che si manifesta in una complicità fisica, tattile. Volevo raccontare la loro storia dal di dentro. Non cercavo di fare un film sulla coppia, ma dentro la loro coppia. Ho cercato di creare un “perimetro intimo” dentro al quale potessero entrare solo loro, Cosimo e Nicole, o Riccardo e Clara, con anima e corpo. Io e la macchina da presa siamo rimasti fuori e spesso ci siamo limitati a osservare la scena che con sorprendente verità e, grazie a un lungo lavoro di improvvisazione, prendeva forma.
Ho chiesto a Riccardo Scamarcio e Clara Ponsot di interpretare Cosimo e Nicole perché sapevo che da loro potevo ottenere l’intensità fisica ed emotiva (le due facce della stessa medaglia) che serviva ai personaggi: fare del corpo dell’attore il piano su cui si disegna la storia, questo era il mio obiettivo.
Ho ricevuto, in cambio a questa mia richiesta, una generosa complicità, e certamente il ricordo più bello di questa esperienza saranno le notti trascorse tutti e tre assieme a discutere su che fare nelle scene del giorno dopo, se la pagina di sceneggiatura “diceva la verità”, o se invece il personaggio, per come lo stavamo interpretando, sarebbe andato in un’altra direzione, se bisognava dare fiducia al copione, o “fare di testa nostra” e riscrivere (cosa che puntualmente accadeva, con sommo disappunto di chi tentava di organizzare un piano di lavorazione). La sceneggiatura è diventata presto una traccia, mai tradita nel suo senso profondo, ma quotidianamente riaggiornata attraverso il filtro degli attori, sempre più specchi dei loro personaggi.
Cosimo e Nicole sono due ragazzi che di fronte al dolore e alla colpa reagiscono in modo opposto, prendono strade diverse, scoprono in fondo di essere diversi. L’amore li ha uniti, ma non basta per renderli una cosa sola. La prova del dolore li divide. Per riscattarsi e salvare il rapporto occorre fare i conti, per la prima volta, col “mondo fuori” dal loro rapporto.
Questo film si è rivelato una grande esperienza, prima di tutto umana. Io cerco di essere un regista aperto alle sensazioni dei miei collaboratori, dall’attore al produttore, dallo sceneggiatore al montatore, cerco di mettermi in discussione, perché solo così riesco a realizzare quello che voglio realmente, che appunto non è mai ciò che desidero all’inizio di un progetto, prima di un lungo processo di confronto. In questo film ho lavorato con un gruppo che ha creduto senza riserve alla necessità di raccontare una storia che più che “rappresentare” una generazione, vorrebbe “appartenere” a una generazione, vitale e incosciente, e forse un po’ in estinzione, come la giovinezza di Cosimo e Nicole, come la musica rock, i viaggi senza meta, e la capacità di amarsi davvero.
Francesco Amato