L'ULTIMO CHILOMETRO - La passione per il ciclismo
Un
omaggio al ciclismo in questo momento storico, quando uno degli sport più (storicamente) amati al mondo, e in particolare in Italia, sta vivendo una crisi di credibilità a causa del doping sempre più diffuso (e con il caso-Armstrong ancora fresco nella memoria di tutti gli appassionati),
è una scelta coraggiosa e doverosa, spinta - ammette lo stesso regista Paolo Casalis -
dalla passione.
Sono quattro le storie raccontate ne "L’ultimo chilometro. Vincere, perdere, lottare, fino all’ultimo chilometro", intrecciate con la storia più o meno recente del ciclismo:
c'è Davide Rebellin, a 41 anni ancora sulle strade per ripulire una carriera sporcata da un episodio di doping che gli costò la restituzione dell'argento vinto alle Olimpiadi di Pechino 2008 e la conseguente squalifica di 2 anni;
c'è Ignazio Moser, figlio d'arte che sulle spalle deve mettersi - oltre alla fatica tremenda che questo sport richiede - anche l'eredità di un nome che non gli permette passi falsi;
c'è "El Diablo" Didi Senft, tifosissimo del ciclismo che vestito da diavolo da anni segue le tappe più imponrtanti delle gare per incitare i corridori;
e infine c'è Gianni Mura, giornalista appassionato i cui interventi sono sempre lucidissimi e puntuali e che dal 1967 segue da corrispondente il Tour de France.
Non tutte e quattro le vicende degli intervistati trovano il giusto spazio (si starebbe a sentire Mura per ore parlare di ciclismo, anche quando lo fa amaramente), e forse c'è
troppo timore nell'affrontare di petto il tema doping (inevitabile parlarne con Rebellin, ma il messaggio che ne arriva non è di condanna della scelta), mentre il folklore di Senft lascia il tempo che trova e la complessità della vicenda Moser (eccellenti i momenti di dialogo con il "vecchio" Francesco davanti a un bicchiere di vino) avrebbe forse meritato altro trattamento.
"L'Ultimo Chilometro" è un documentario da mostrare agli appassionati ma soprattutto ai tanti che in questi anni si sono allontanati dalle due ruote delusi dalle vicende extra-sportive: nei 52 minuti di documentario
Paolo Casalis ha distillato diversi buoni motivi per (tornare ad) amare questo sport, e fosse anche solo per questo il suo lavoro va premiato.
14/03/2013, 08:30
Carlo Griseri