FUKUSHAME - Il Giappone perduto
Alessandro Tesei con questo interessante documentario ci porta nel cuore della "No-go Zone" intorno alla centrale nucleare giapponese di Fukushima, raccontando l'impatto che il disastro ambientale ha avuto sulle popolazioni locali.
L’11 marzo 2011 il Giappone è scosso da un terremoto dalle dimensioni catastrofiche, l'impianto nucleare di Fukushima viene distrutto dal successivo tsunami con la conseguente contaminazione radioattiva della zona e delle coste intorno al sito.
Tesei, sette mesi dopo il fatto, si introduce nella zona proibita del disastro ambientale, un’ area di 20 km intorno alla struttura industriale. Attraverso immagini realizzate da lui stesso, interviste e materiale girato da troupe televisive, il regista ci racconta uno spaccato di una catastrofe che è stata dimenticata dalla stampa internazionale. Con uno stile secco e veloce, utilizzando grandangoli deformanti e musica elettronica, il film ci mostra un Giappone completamente allo sbando e con problemi ambientali irrisolti, tra corruzione, interessi politici e disinteresse verso la salute delle popolazioni.
Il contatore Geiger, mostrato più volte dal regista durante la sua peregrinazione all’interno dell’abbandono di Fukushima, è il simbolo stesso di un viaggio fatto con il rischio reale di una contaminazione. La radioattività c’è, ed è ancora molto forte, quei territori sono ormai inabitabili, perduti. La popolazione evacuata vive in uno stato tra l’irrealtà e il distacco degli esuli. E’ proprio nella concentrazione sui volti e sulle testimonianze dei sopravvissuti al disastro che risiede la forza di questo lavoro.
Significativa l’intervista al premier Naoto Kan che ammette di aver nascosto il disastro all’opinione pubblica e alla stampa internazionale. Anche i responsabili della Tepco, l’azienda che possiede la centrale si negano alle telecamere della troupe e impediscono al reportage di avere una testimonianza sull’effettivo funzionamento dell’impianto.
L’autore stesso definisce il suo film un docu-road movie e grazie alla collaborazione con il coautore-video artista
Matteo Gagliardi, realizza un documento di una forza e di una maturità stilistica notevoli. Fondamentali anche gli interventi e il contributo del giornalista Pio D’Emilia, uno dei primi reporter europei ad introdursi nell’inferno della “No go zone”. Film molto apprezzabile anche grazie ad una ricerca visiva molto elaborata, con soluzioni di montaggio e narrative originali.
13/03/2013, 13:21
Duccio Ricciardelli