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Note di regia del documentario "Prima il Cuore Poi il Resto"


Note di regia del documentario
Prima il Cuore Poi il Resto” nasce dall’idea di uno speciale per la televisione che non è mai stato realizzato. Si voleva, con Davide Artusi, proporre ad alcune emittenti dei contributi da massimo 10 minuti dedicati a squadre di rugby di grande tradizione, molto radicate sul territorio ma sconosciute ai più. Per iniziare abbiamo scelto il nostro club, in cui giochiamo da quando siamo bambini. Una realtà molto milanese, presente fin dagli anni 30 e testimone di un “fare rugby” antico, molto gratuito e assai passionale.

All’Asr anche i giocatori della prima squadra pagano la quota sociale, le borse vengono tramandate, gli allenatori cresciuti in casa, si fanno progetti nelle scuole, nel carcere Beccaria, in viale Padova. Per qualsiasi cosa esiste una sottoscrizione, per qualsiasi problema una soluzione, per qualsiasi trasloco un furgone e delle braccia abili a trasportar mobili. Una “famigliona” che non cambia mai e che, nelle parole di Giorgio Terruzzi, "va preservata, perché molto fuori moda, fuori dagli schemi".

Dopo le prime interviste e i primi ritrovamenti - foto anni 30, video di partite anni 50, giornali intestini in ciclostile – abbiamo iniziato ad appassionarci alla storia della società, scoprendo aneddoti, leggende e conoscendo a fondo i veterani, coloro che hanno sfiorato lo scudetto 50 anni fa. Durante la lavorazione, inoltre, la prima squadra è riuscita nell’impresa della promozione, tornando in Serie A dopo più di 20 anni. Per 18 mesi, ogni allenamento, festa o partita era l’occasione buona per rompere le scatole a me e Davide sulle scelte stilistiche, iconografiche, musicali del film.

L’attesa è stata talmente febbrile che per l’anteprima abbiamo dovuto affittare una sala cinema da 400 posti. Quella sera la versione lunga di questo documentario (oltre 20 minuti in più) ha commosso 3 generazioni di rugbisti milanesi.

L'opera è stata realizzata chiedendo immagini, giornali storici, vhs, super otto e filmini a genitori, dirigenti e giocatori dell'Asr Milano. Durante la ricerca si sono intervistati 13 personaggi, dai 91 ai 18 anni, tutti parte della comunità rugbistica. I costi sono stati sostenuti dai due autori, anch'essi giocatori, che nella vita sono giornalisti/sceneggiatori (Federico Meda) e operatori/direttori della fotografia (Davide Artusi).

Come fil rouge narrativo abbiamo scelto i migliori passi di un libro edito negli anni Cinquanta dalla stessa dirigenza del Rugby Milano: Il segno della bislunga, di Giuseppe Ceriana, giocatore del club anni Trenta. Nel libro si parla di regole, codici di comportamento, abitudini, aneddoti che, a leggerli ora, non appaiono mai demodé o retorici. I racconti dei pionieri del Guf Milano rappresentano ancora la mentalità rugbistica italiana basata sul gozzovigliare in compagnia perdendo qualunque privilegio sociale. Eccone un passo: [Le tavole della legge] Riguardavano la libertà di culto, la libertà di acconciarsi e nel vestire, la libertà del mangia e bevi: chi vuol andare in chiesa, ci va, non solo, ma si tiene anche conto possibilmente dell'orario delle messe per le trasferte senza che ci sia niente da dire; ci si mette come si vuole, senza frivolezze però; si è autorizzati a mangiare a bere nelle sere di festa (non infrequenti) anche se non si hanno soldi in tasca: pagherà chi li ha, ma guai a chi se ne approfitta».

Federico Meda