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VITTORIO VENETO FF - Romano Milani nel Sindacato e in Giuria


Una panoramica con il segretario del SNGCI, membro della giuria al Vittorio Veneto FF. Il ricordo di Troisi, l'esigenza di rischiare per far rinascere il cinema italiano


VITTORIO VENETO FF - Romano Milani nel Sindacato e in Giuria
Romano Milani, segretario del SNGCI
La verve di un ragazzino e l'entusiasmo di chi ha appena cominciato. Romano Milani segue il cinema da una vita, professionista dal 1961, dal 2000 Segretario Generale del Sindacato dei Giornalisti Cinematografici, condirettore di Cinemagazine e giurato al recente Festival di Vittorio Veneto. L'occasione è troppo ghiotta per non disturbare questo straordinario personaggio mentre racconta a Carlo Brancaleoni di come venisse sempre scambiato per Sandro Curzi. "Giuro, tanto che una volta sull'aereo dissì che ero lui e firmai anche degli autografi a suo nome". (In realtà è il sosia di Paul Shaffer direttore dell'orchestra del David Letterman Show...)

Ecco, per capire il tipo.
"Prima di tutto devo dire che questo festival ha avuto un livello altissimo di film presentati alla giuria e quindi me ne compiaccio e me ne congratulo. Purtroppo c'era solo un italiano che non ha raccolto nulla, mentre sul vincitore "Fenix 11.23" siamo stati tutti d'accordo, un film bellissimo che ci ha visto attribuire il premio all'unanimità. Poi voglio aggiungere che ho trovato i ragazzi di questa giuria competenti ed educatissimi. Hanno fatto domande, hanno approfondito, hanno cercato di capire e imparare in modo serio e composto e ci tengo a dirlo perché per me che vengo da Roma questo non è ciò a cui sono abituato".

Ragazzi che hanno avuto l'occasione di conoscere anche Massimo Troisi, scomparso quando molti di questi giovani forse sono nati.
"Davvero, una cosa commovente e importante aver dedicato il festival a Massimo, l'ultimo poeta del nostro cinema, così delicato, così fragile anche umanamente, fuori dagli schemi e con una comicità che ci ha sorpreso appena è apparso. Sono contento che si trovino nuove occasioni per parlarne e per non perderne la memoria. Per me lui rimarrà nella storia anche più di Benigni... Con "Il Postino" ci ha consegnato davvero una poesia per immagini indimenticabile".

Facciamo due chiacchere sul cinema italiano, dobbiamo fare l'autopsia o il paziente è "solo" in coma?
"Bella domanda - dice sorridendo con tenerezza e pietà - il cinema italiano soffre per tante cose. Scarsezza di mezzi, di coraggio, di idee, di registi e di produttori. Poi questo inciucio tra televisione e cinema non è così salutare, quando ero ragazzo io c'era solo il cinema e i prodotti erano pensati per quel formato, ora è chiaro che prima si pensa alla televisione e poi a fare il cinema. Oggi il cinema passa prima ancora per la rete, ma del resto questi sono i mezzi a disposizione, questi sono i tempi, inutile recriminare, bisogna adeguarsi e procedere nella giusta direzione".

Che sarebbe quale?
"Trovare mezzi finanziari adeguati anche se come ben si vede in questo paese le prime cose che si tagliano sono le spese per la sanità e la cultura, ovvero i componenti fondamentali dell'individuo, quelli che danno la mens sana in corpore sana. Il che è ben drammatico e inoltre dobbiamo trovare produttori che siano anche imprendtori, ovvero capaci di rischiare in proprio come in tutte le altre imprese. Oggi l'unico che lo fa ancora è De Laurentiis, e anche se ha prodotto i Vanzina, bisogna dargli atto che ci mette del suo, rischiando in prima persona. Poi per esempio quando i Vanzina han deciso di fare un film diverso, che era "Tre colonne in cronoca" con Gianmaria Volontè sono stati massacrati. In Italia c'è anche questo, la difficoltà ad uscire dagli schemi. E poi ci sono finanziamenti che vanno a progetti totalmente inadeguati, bisognerebbe valutarli meglio i film. Lo stato non ha i soldi nemmeno per la cassa integrazione, almeno si spendano bene. In un senso e nell'altro, se si vuole incassare si facciano film per incassare, se si vuole fare fim d'autore che siano davvero di qualità eccelsa. Che si osi, che si rivoluzioni, che si sovverta l'ordine e la regola, che si facciano opere di coraggio altrimenti non vedo via d'uscita".

24/04/2013, 10:00

Elena Dal Forno