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LOCARNO 66 - THE SPECIAL NEED, il bisogno speciale di chi è?


LOCARNO 66 - THE SPECIAL NEED, il bisogno speciale di chi è?
Quando si pone una videocamera davanti a un disabile mentale, il rischio che questa scelta venga percepita come “sfruttamento” è enorme. Quando poi di quel disabile si racconta un aspetto così intimo e delicato come la necessità di trovare l'amore e di avere finalmente le prime esperienze sessuali, quel rischio aumenta ancora. Se, infine, in quel racconto e con quella videocamera (condotta da un operatore esterno) non ci si ferma (quasi) davanti a nulla, arrivando a mostrare anche i primi approcci (lo stupore davanti a un seno nudo, per esempio), la misura diventa colma.

La storia di Carlo, Enea e Alex merita di essere raccontata. Sono tre amici, molto legati tra loro, di cui due (Carlo – Zoratti, regista del documentario – e Alex) felicemente fidanzati mentre Enea (particolare in questo caso non trascurabile: disabile mentale) ha 29 anni, non ha mai avuto una ragazza e sente sempre più impellente la necessità di trovarne una con cui avere le sue prime esperienze sessuali. Resisi conto della crescente difficoltà dell'amico, Carlo e Alex decidono di aiutarlo in ogni modo, prima provando a combinargli un appuntamento con prostitute abbordate per strada a Udine, poi spingendosi in Austria, in un bordello legalizzato, infine raggiungendo in Germania un centro specializzato, in cui alcune terapiste (definite scherzosamente dai tre amici “prostitute psicologhe”) aiutano proprio disabili fisici o mentali nel loro primo approccio alla sessualità.

E' importante affrontare seriamente la questione della sessualità dei disabili (e a Locarno, dove il documentario è stato presentato in anteprima nella sezione Cineasti del Presente, il tema è al centro anche del film canadese “Gabrielle”), più controverso è il modo in cui ciò viene fatto. Se formalmente “The Special Need” è di ottima fattura (si vedono i tanti studi – anche presso la scuola di Oliviero Toscani – del suo regista, Carlo Zoratti), eticamente si può, si deve discuterne.

Ci potevano essere altri modi meno invasivi di raccontare la stessa storia ottenendo lo stesso risultato? Si doveva evitare di inserire un commento musicale “sacro”, ai limiti dell'offensivo, nel momento in cui Enea si avvicina a raggiungere il risultato che si era prefissato? Si provoca nello spettatore un inevitabile choc emotivo che lo costringe a ragionare sul tema affrontato? Le risposte di chi scrive sono tre volte “sì”, ma ognuno davanti allo schermo sarà chiamato a reagire a modo suo. Il “bisogno speciale” non è forse quello di Enea di trovare l'amore quanto quello di noi come società di porci il problema.

17/08/2013, 08:30

Carlo Griseri