VENEZIA 70 - Alessandro Rossetto: "Nessuna speranza"
"La mia esperienza nel documentario mi ha portato a questo film, a cominciare dal modo di stare dietro alla macchina da presa", ha dichiarato
Alessandro Rossetto, alla Mostra di Venezia con "Piccola patria", esordio alla regia nel cinema di finzione del documentarista veneto, un cupo ritratto di provincia del nord-est.
"Il mio film però potrebbe essere ambientato ovunque, ma per farlo nel modo migliore ho cercato un teatro che conoscessi bene. Sapevo che questa storia mi avrebbe proposto una miriade di elementi e ho deciso fin dall'inizio che non mi sarei sottratto e li avrei affrontati. Volevo raccontare una tragedia classica, e nella tragedia - come nel mio film - c'è anche il coro. Ho pensato prima ai corpi, le location erano solo spazi".
Rossetto ha lavorato con "una troupe giovane e di formazione documentaristica, l'ideale in questo caso perché il mio modo di procedere prende molto da quel mondo, con molta improvvisazione e un continuo sforzo nel rimodellare il lavoro e anche la sceneggiatura in base a quanto ci accade intorno".
"Tutti gli attori scelti dovevano essere 'veneto speaking', era essenziale e con tutti abbiamo fatto un grande lavoro per riscoprire quella lingua che avevano dentro e spesso avevano un po' trascurato. Mi servivano anche attori disposti a lavorare in modo insolito, senza grandi prove preventive ma con grande disponibilità e voglia di mettersi al servizio del film".
"E' una storia 'no hope', senza speranza, semplicemente perché non ce n'è più. La politica è presente, ma fa parte del coro. Il triveneto ha per me caratteristiche molto balcaniche, il suo passare dall'ambiente contadino alla ricchezza in pochi anni, unito poi alla risposta alla crisi di questi anni, ha creato delle dinamiche per me interessantissime".
30/08/2013, 15:00
Carlo Griseri