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BIENNALE ARTE 55 - Libano e Ungheria, bombe inesplose


BIENNALE ARTE 55 - Libano e Ungheria, bombe inesplose
In una Biennale dove i prodotti video sono stati generalmente di alta qualità (primo fra tutti Grosse fatigue, della francese Camille Henrot, che ha vinto il Leone d'argento, ma non va dimenticato il riuscitissimo trittico di Stefanos Tsivopoulus, History Zero, sul valore/disvalore del denaro) colpiscono per intensità ed attualità due opere che, ispirandosi alla stessa tipoligia di evento, accomunano Medio Oriente e Europa.

In un mondo tormentato perennemente dalle guerre, e sull'orlo di un'ennesima crisi, Libano e Ungheria nei loro rispettivi padiglioni raccontano di bombe inesplose, di luoghi destinati alla distruzione ai quali l'uomo o il fato provano a dare una nuova chance, dell'umanità opposta alla freddezza dei calcoli che governano le stanze dei bottoni.

Il regista libanese Akram Zaatari, in Letter to Refusing Pilot, attinge dalla sua infanzia dando vita ad un racconto che interseca storia personale e collettiva. Nel 1982 a Saida (sua cittadina d'origine) un pilota israeliano si rifiuta di sganciare una bomba su una scuola lasciandola cadere in mare. La scuola era stata progettata dal padre del regista, che ordina il film alternando momenti evocativi (immagini al rallentatore della scuola oggi con il vociare e i suoni che ci proiettano emotivamente in quel giorno dell'82), narrativi (le didascalie o la voce che racconta i fatti), "espositivi" (le immagini ci propongono documenti e foto dell'epoca, tra cui il diario del regista, allineati da mani guantate che asetticamente li dispongono come reperti da mostrare in un museo). L'effetto finale è un'opera da fruire a più livelli che ci emoziona ma anche ci stimola intellettualmente e, quando ci ha completamente conquistati trasmettendoci il senso e il valore di quanto il singolo gesto di un uomo sia riuscito a salvare, ci spiazza svelando che dopo pochi giorni un altro pilota, passando sulla stessa scuola, obbedì agli ordini.

Già nel titolo (Fired but inexploded), invece, l'artista ungherese Zsolt Asztalos chiarisce che le bombe mostrate su schermi televisivi sono, in effetti e in modo fortuito, inesplose, quindi da subito siamo sicuri che la preziosa nuova chance i destinatari di quelle bombe l'hanno avuta, pur inconsapevolmente. L'installazione ci consente di sentire il sonoro (uno diverso per ogni televisore) di differenti luoghi pubblici chiaramente identificabili (una partita, la bottega di un artigiano, il cinguettio in un parco, eccetera) con l'effetto inevitabile di farci sentire parte di quel contesto che potrebbe da un momento all'altro essere spazzato via dalla bomba ma, per caso, non lo sarà.

Va fatta un'ultima considerazione: in un mondo in cui gli schermi ci invadono portando nelle nostre case una realtà paradossalmente svuotata di verità, proprio attraverso opere visive i due artisti ci insegnano ad andare oltre le semplici informazioni o immagini, stimolando la nostra capacità di immedesimazione.

12/09/2013, 17:13

Sara Galignano