PITIGLIANI KOLNO'A FESTIVAL - 5 giornate di cinema ebraico


Una cinematografia, quella di Israele, di grande interesse culturale. Un documentario italiano sugli ebrei di Rodi proiettato martedì nell'ambito del festival


PITIGLIANI KOLNO'A FESTIVAL - 5 giornate di cinema ebraico
Ruggero Gabbai, regista di "Il viaggio più lungo - gli ebrei di Rodi"
Comincia domani Il Pitigliani Kolno'a festival. A Roma l'edizione 2013 della rassegna dedicata a Ebraismo e Israele nel Cinema, avrà luogo dal 2 al 6 nelle sale della Casa del Cinema e, solo l'ultimo giorno, mercoledì 6, presso la sala del Centro ebraico "Il Pitigliani".

Tanto cinema di matrice ebraica da Israele spesso co-prodotto con diversi paese europei; dall'Italia arriva "Il viaggio più lungo: gli Ebrei di Rodi", documentario di Ruggero Gabbai che racconta la storia dell'isola greca che per secoli ha avuto un'importante comunità ebraica, fino all'estate del 1943. Sotto il controllo dell'esercito dell'Italia fascista, che non mise in atto nessun atto violento malgrado le leggi razziali del 1938, la comunità non ebbe particolari problemi. Ma le cose cambiarono per il peggio dopo l'8 settembre, quando l'isola passo sotto il controllo nazista e cominciarono le deportazioni.
Il documentario verrà proiettato martedì 5 novembre alle 21,30 alla Casa del Cinema.

Film dalla Svizzera italiani quello del luganese Matteo Bellinelli che propone "Birobidzhan - La musica dell'Anima" che racconta la ricerca di una terra promessa che potrebbe trovarsi nell'estremo orinete russo, in un luogo dal nome magico e misicale: Birobidzhan, dove Stalin fondò la Repubblica Autonoma Ebraica nel 1932.
Proiezione lunedì 4 alle 20 sempre alla casa del Cinema.

Apertura ad inviti sabato 2 alle 20,00 con "The Flat" di Arnon Goldfinger e poi ingresso libero a tutte le proiezioni fino ad esaurimento posti da domenica alle 15 con "The ballad of the weeping Spring" di Benny Torati.

Alla presentazione del Festival presente anche Lidia Ravera assessore alla Cultura della Regione Lazio. "Non c'è modo migliore per conoscere un popolo, una religione, che sedersi al buio in una sala e assistere a un film - ha detto Ravera - Non c'è niente di più eloquente dello sguardo di un regista. Lo schermo grande consente l'identificazione con la storia e le persone: si vede, si capisce, si impara. Col cuore, con l'anima e con l'emozione" ha concluso l'assessore regionale cogliendo e andando oltre lo spirito del festival.

01/11/2013, 10:02

La Redazione