Note di regia del documentario "Marina la Natura del Lupo"
“Può far paura una situazione che in qualche modo non riusciamo a collocare nella nostra memoria, che non possiamo controllare. I pregiudizi sono tanti “stanno occupando lo spazio di appartenenza, sono troppi”. Cos'è troppo? Qual'è il limite per definire il troppo? E' troppo quello che ti spaventa, in qualche modo tu hai paura di quello che non conosci e se non conosci hai paura perché ci può essere l'imprevisto, perché non hai codici di comunicazione per entrare in contatto con quello che non conosci. L'intercultura è conoscenza, è scambio. Se non c'è questa relazione di condivisione, di affezione, se non si passa attraverso l'affezione verso l'altro come persona, è difficile che ci sia una convivenza piena di significato. Si rimarrà in un quartiere comunque con delle situazioni multiculturali, molteplici, forse anche troppe, ma troppe in quanto non c'è relazione, non c'è scambio”.Non sapendo da dove partire mi affido ai miei pensieri dettati dalle suggestioni di 5 anni di vita trascorsi nel quartiere, dalle voci che la mattina mi hanno svegliato presto e la notte hanno rallentato il sonno, voci che mantengono la loro forza anche quando non capisci il significato delle parole che esprimono, parole che penetrano dentro in quanto suono che riempie vuoti. Ricordo il suono inquietante di voci urlanti e rabbiose in un'atmosfera tesa, esplosiva. Maghrebini che litigavano di continuo proprio sotto casa mia, minacciandosi col vetro delle bottiglie. Osservavo la scena nascosta dietro l'anta della finestra. Li conoscevo più o meno tutti. Ragazzi giovanissimi arrivati dal mare coi barconi. Sotto casa mia era un po' come stare in un possibile girone della morte. Tanti episodi, molti dei quali sicuramente manifestazioni più rassicuranti di espressione sociale. E poi Marina dei locali, i turisti e i residenti esasperati per il troppo chiasso notturno. Un quartiere che proprio per la sua complessità sociale ha destato in me quella curiosità che mi ha portato a voler immortalare la vita degli altri con l'intento di capire meglio il luogo che abito.E allora in giro per il quartiere a sentire le opinioni della gente di marina: autoctoni e stranieri. Conflittualità tra gli uni e gli altri rispetto alle attività commerciali, quelle vecchie chiudono o hanno chiuso già da tempo, schiacciate dalla morsa dei grossi centri commerciali, per lasciare il posto alle nuove attività, per lo più gestite da stranieri. Marina e in special modo Via Baylle, era il centro del commercio cittadino. Da una parte gli adulti fatichiamo ad accettare il nuovo, dall'altra i bambini, gli adolescenti, frequentano e condividono gli stessi spazi fisici del quartiere: scuola, oratorio, piazzetta. Questi individui, a differenza delle generazioni precedenti, vivendo e confrontandosi sin da piccoli con un contesto sociale multi-etnico, saranno maggiormente facilitati nel portare avanti più consapevolmente quei valori rappresentativi della multiculturalità. La comprensione e l'accettazione della diversità non potranno che essere l'anello portante della società futura.Elemento importante è stata la ricerca condotta col “gruppo delle donne straniere” rispetto alla condizione di “Immigrato”. Ho colto sfumature diverse del significato. Fulcro della dialettica è stato il fenomeno della migrazione di massa ed il punto cruciale è quanto entrambi, coloro che sono costretti ad emigrare ed il popolo che accoglie, abbiano avuto possibilità di scelta. E' intorno a questa scelta negata che si fondono le problematiche della società multi-etnica, contenitore che ospita molti elementi diversi, piccoli satelliti che faticano a relazionarsi tra loro. Partendo da un punto di vista femminile e personale di esperienza, col gruppo delle donne abbiamo cercato di capire quali considerazioni fosse utile fare. Quali sono i punti fondamentali da affrontare parlando di buona accoglienza?Sento Marina come un contenitore caotico di elementi, all'interno del quale fare un po' di ordine nel senso di rallentare il flusso per capire meglio, approfondire dettagli che nella confusione mi passano veloci. Faccio lo sforzo di ascoltarli e osservarli per meglio comprendere il mio contemporaneo. Il flusso è inarrestabile, con cambi di direzione repentini. Ne afferro un frammento, mi conduce al successivo e via di seguito, come in una caccia al tesoro, un vortice frenetico che non porterà a nessuna conclusione. Quasi l' intero quartiere è stato chiamato a riflettere sul proprio vissuto ed in relazione agli altri, ciò vuol dire che il documentario ha reso possibile la posa di ulteriori tasselli nella comprensione di un contesto sociale e politico.
Marina Serra