FESTIVAL DI ROMA 8 - "Song 'e Napule" e canto accussì
Fin dagli esordi sul grande schermo, tra fine anni '90 e inizio '2000, il cinema di Marco e Antonio Manetti è ruotato attorno a due concetti di natura produttiva ed estetica, l'indipendenza e il genere.
E il personalissimo percorso dei Manetti Bros. prosegue nella stessa direzione con "
Song 'e Napule", l'ultima fatica prodotta da Devon Cinematografica in collaborazione con Rai Cinema.
Dopo aver esplorato l'horror, il thriller e lo sci-fi, questa volta tocca al poliziesco all'italiana, o per meglio dire al "poliziottesco", riadattato nei giorni nostri in una Napoli più che mai neomelodica.
Paco fa il poliziotto più per raccomandazione che per voglia, ed essendo uscito dal conservatorio, sogna di tornare un giorno nell'ambiente musicale. Ma quando al commissario Cammarota servirà un pianista professionista da infiltrare in una missione anticamorristica, il timido e pavido Paco si ritroverà in una realtà molto più grande di lui.
In un contesto che ricorda perfettamente il lavoro dei vari Lenzi, Corbucci e Castellari, con immagini a volte mosse e "sporche", musica funk, inseguimenti in auto e montaggio serrato, i Manetti si divertono a giocare con quel tipo di cinema e di personaggi.
Così, se a Paolo Sassanelli spetta il ruolo dello sbirro duro, con il piglio degno del miglior Maurizio Merli, questa volta il protagonista è un apparente debole, un Alessandro Roja così poco "cazzuto", almeno in apparenza, che una pistola non sa nemmeno impugnarla.
Se diversi film recenti hanno minimamente raccontato quel microcosmo musicale e culturale, rappresentato dalla canzone neomelodica, questa volta i registi portano la propria macchina da presa proprio all'interno della band di "Lollo Love", mostrando in modo concreto e ironico al contempo un territorio abitato da creature cinematograficamente molto interessanti.
Come spesso accade con i film dei Manetti Bros., "Song 'e Napule" si dimostra un film pensato e diretto per il puro piacere di fare cinema, realizzato da due "artigiani", veri eredi del cinema di genere all'italiana '60-'70.
10/11/2013, 18:07
Antonio Capellupo