FESTIVAL DI ROMA 8 - "Romeo and Juliet" secondo Carlei
Canzoni, balletti, musical, fumetti e persino videogames. Non c'è una sola forma d'arte o un fenomeno culturale che, almeno per una volta, non abbia preso in considerazione il più grande dramma d'amore mai raccontato, lo shakespeariano "Romeo e Giulietta".
Il numero di adattamenti cinematografici sfiora la cinquantina, le citazioni più o meno dichiarate sono innumerevoli, ma nonostante ciò il testo scritto sul finire del 500 sembra ancora oggi capace di attrarre produzioni e registi, ognuno pronto a giurare di aver trovato una nuova e moderna chiave di lettura.
È capitato così anche a
Carlo Carlei, distante dal grande schermo da metà anni '90, che dopo aver confezionato numerose fiction televisive di successo, ritorna a cinema con l'ambizioso "
Romeo and Juliet".
Sulla carta la carne gettata sul fuoco sembrerebbe tanta, con un cast internazionale che annovera l'americana Hailee Steinfeld e il modello britannico Douglas Booth, sfarzosi abiti, dialoghi originali con un inglese giusto un po' "aggiornato", feste in maschera, corse a cavallo e duelli. Ma puntando da un lato a non sconvolgere il modello originale e dall'altro a modernizzare la storia dei due ragazzi, il lavoro di Carlei finisce per non avere un'identità ben precisa, risultando piuttosto anonimo.
Fatta eccezione per
Paul Giamatti, attore in stato di grazia, capace di trasformare in oro qualsiasi ruolo gli capiti tra le mani, tutto appare piatto e poco emozionante, con attori in bilico tra una recitazione teatrale e quella televisiva, frasi pleonastiche e una colonna sonora più che mai invadente.
Distante anni luce dalla fedele versione di Franco Zeffirelli e da quella geniale e postmoderna di Baz Luhrmann, il film di Carlei non aggiunge niente a ciò che in oltre cento anni di messe in scena dell'opera di Shakespeare non fosse già stato visto, tanto da far sorgere una domanda: perché?
11/11/2013, 15:25
Antonio Capellupo