Note di regia del documentario "Daily Lydia"
Lydia ci è stata presentata dal capo villaggio ed è bastato quell’incontro per capire che mi sarei dedicato solo al suo quotidiano. Volevo restituire la dignità di gesti semplici e la dignità fragile della precarietà. Così sono entrato nelle loro piccola abitazione, che di giorno è la cucina e di notte letto per Lydia e per Emmakulatha, Marko, Elyia e Joseph, i suoi figli. Mostrando il luogo e il modo in cui vivono, il racconto avrebbe formato un insieme, una vita che scorre, semplice ma uguale a molte altre. Il breve documentario si stava focalizzando sugli aspetti quotidiani, mostrando come educazione, denaro e lavoro incidono sulla salute globale. Ogni giorno Lydia si sveglia e prova a garantire una casa, cibo, acqua e salute alla sua famiglia. Seguendo i suoi figli durante il percorso casa-scuola ho voluto mostrare come le distanze spesso diventano barriere per la formazione e quindi anche per una certa libertà. Cogliendo le attese, dilatando i tempi. Cosa fanno durante il giorno? Solitudine, capanna, fuoco. Non c’è narrativa, non c’è una storia, non c’è l'ansia di informazione che spesso si trova nei reportage giornalistici. Lydia raccoglie la legna, accende il fuoco, cucina l’ugali, un alimento simile alla polenta, va a prendere l’acqua per bere e lavare i figli.
Volevo che si sentisse tutto l’arco di una giornata e ne è nato così un documentario di osservazione. Rientrato in Italia ho parlato di questo lavoro a due amici musicisti, Sergio e Giorgio della Piccola Bottega Baltazar, con cui ho già avuto la fortuna di collaborare. Hanno capito cosa volevo e hanno messo a disposizione un loro brano che è poi diventato la colonna sonora del documentario. Le musiche non hanno una tipica connotazione “africana” e per questo riescono a dare alle immagini un respiro universale.
Marco Zuin