Fondazione Fare Cinema
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Note di regia del documentario "Waste Africa"


Note di regia del documentario
Non è solo un problema di inquinamento ambientale. E' anche un problema di inquinamento culturale.

Credo che in Africa si stia verificando quello che in Italia è successo negli anni '60: quando una cultura millenaria è stata spazzata via in pochi anni dall'arrivo dei frigoriferi, delle lavatrici e del televisore. L'arrivo del consumismo ha cancellato Dio, le stagioni, le ideologie politiche, le distanze, le differenze, e ha dettato nuovi miti, nuovi valori, nuovi desideri.

Questa "mutazione antropologica" mi è apparsa lampante in Ghana, mentre filmavo, e credo emerga chiaramente a tutti anche dalle immagini del documentario. Sono sbarcati sulle coste africane container e container di prodotti "made in China", è arrivata la televisione, è arrivata la Playstation, è arrivato Facebook e il telefonino.
Nessuno era preparato qui, nella tanto civile e progredita Europa; nessuno è preparato ora in Africa.
I rifiuti che ho visto sparsi indiscriminatamente ovunque per terra e per mare in diversi paesi africani, ma anche qui in Campania, in Italia, sono solo un sintomo di questo inquinamento culturale. In ogni dove, anche nell'inferno della discarica di Abglogbloshie, tutti sognano di diventare calciatori, di diventare ricchi, di vestire bene, di avere una macchina sportiva e andare ai parties a bordo piscina. Sono tutti drogati, esattamente come noi. Ancora sono vive le tradizioni secolari, i riti religiosi, le credenze e i misteri di un tempo, ma stanno per essere svuotati di senso da questa ondata di prodotti e di rifiuti culturali che stiamo riversando loro addosso.

Ovviamente in Africa mancano ancora i servizi e le infrastrutture di base: anche nella capitale ghanese Accra, in tanti quartieri mancano le fogne, l' acqua, l'elettricità. Figuriamoci, se esiste la raccolta differenziata che non riusciamo a fare peraltro nemmeno a Roma.

Vittima sacrificale di questo inquinamento culturale è la natura, l'acqua, la terra, gli animali e di ritorno, l'uomo, che pur sempre è un animale che abita su questo pianeta. Ma gli economisti definiscono freddamente questi disastri ambientali "esternalità" della globalizzazione del sistema capitalistico.

Matteo Lena