Note di regia de "La Sapienza"
Questo film nasce da una doppia ispirazione.
Da un lato, il desiderio di evocare con i mezzi del cinema l'opera e la vita dell'architetto barocco Francesco Borromini.
Dall’altro, un interesse per l'architettura e l'urbanesimo contemporanei.
La prima ispirazione suggerirebbe una biografia, e sia l'una che l'altra si presterebbero bene ad un trattamento di tipo documentario.
Non credo però alla possibilità di ricostituire cinematograficamente una vita, né alcun altro elemento di un passato lontano e, pur rispettando il documentario come forma d'espressione, sono sempre stato animato da una convinzione istintiva- e marginale, nell'Europa odierna- secondo la quale la verità più grande risieda nella finzione.
È dunque da un'azione scaturita dal mio immaginario, che cerco di approcciare queste due tematiche.
In questa vicenda riguardante due coppie, un uomo e una donna, un fratello e una sorella, viene fatta luce sulle relazioni umane, poi approfondite con l’espediente della separazione, un concetto mutuato da una lunga tradizione occidentale della conoscenza tramite il nulla, e della presenza tramite l'assenza.
In un modo o nell’altro, i personaggi di questa sceneggiatura sono confrontati alla sfida di dover far entrare in maniera armonica il passato nel presente, e ognuno di loro riceve un chiarimento sulla natura dell'amore.
Al cuore della storia si trova anche il problema della trasmissione della tradizione, eterna preoccupazione dell’uomo, che si rivela però particolarmente grave nel contesto della civiltà europea contemporanea.
Eugene Green