Note di regia di "Perfidia"
Tenerezza, rabbia, cinismo, fragilità, violenza a volte inconsapevole, nascosta, velata. Sono queste le parole che mi vengono in mente quando penso a “Perfidia”, un film nato da diverse suggestioni, alcune molto personali.
Ho scritto l’abbozzo di questa storia nella necessità irrefrenabile di raccontare una storia di oggi, una storia contemporanea, onesta, vera, dura, che potesse condurre lo spettatore a riconoscersi nei personaggi, a dispetto di età o estrazione sociale.
“Perfidia” è un film crudo che nasce da ricordi, da situazioni vissute e immaginate, da me stesso e da persone che ho conosciuto. Persone fragili, invisibili, incapaci di desiderare qualcosa di meglio, ma al tempo stesso capaci di commettere atti incoscienti, così, senza un apparente motivazione razionale o un significato univoco, senza averne una reale consapevolezza. L’unica spiegazione che si può dare alle loro azioni è già lì, nella loro vita, nel loro vuoto culturale, nella mancanza di aspirazioni, di passione, di amore.
Mi interessava raccontare questo piccolo angolo di mondo, Sassari, una cittadina di provincia come ce ne sono tante in Italia, attraverso il problema della disoccupazione giovanile, il vuoto quotidiano che ne consegue e la visione clientelare come sua (non) risoluzione. La provincia anche come luogo fertile per sogni semplici e forse impossibili, ai quali però i personaggi si aggrappano come fossero la vita reale. Una vita fatta di attese incessanti, di invidia, di un desiderio di “normalità” che appare sempre più lontano. Ma soprattutto mi premeva raccontare il rapporto padre-figlio in una dimensione autentica, mostrarlo in tutta la sua moltitudine di comportamenti ed espressioni, sentirne l’umanità nella sua cruda pienezza. Utilizzando il mezzo cinematografico con lo scopo di raggiungere un’esperienza singolare, un’emozione condivisa, un momento di sincerità che si produce solo in un evento irripetibile. Volevo inoltre raccontare alcuni aspetti della follia umana con uno stile inedito: tenero, glaciale, violento. Ma non è la follia “patologica” che mi interessava portare sullo schermo, piuttosto la follia come conseguenza ad a una quotidianità talmente stagnante da diventare feroce, devastante.
Bonifacio Angius