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MILANO FF 19 - "Comandante" di Enrico Maisto


In programma all'edizione 2014 del MFF anche il documentario 'familiare' che rivive gli anni di piombo


MILANO FF 19 -
È una storia profondamente personale quella raccontata da Enrico Maisto nel suo documentario d'esordio, "Comandante", ma è anche uno sguardo verso la Storia del nostro paese, su un periodo particolarmente complesso e non 'pacificato' come gli anni di piombo.

Un'esigenza privata, racconta il regista, quella di recuperare una persona della sua infanzia, Felice. Felice Esposito non è solo un uomo che Enrico Maisto ha conosciuto quando era piccolo, ma è anche un ex-militante di Lotta Continua ancora oggi impegnato in politica. La storia personale di Esposito si intreccia con quella del suo amico Francesco Maisto, padre del regista, che è stato per dieci anni giudice di sorveglianza a San Vittore negli anni di piombo, quando in carcere c’erano molti detenuti politici.

Un'amicizia speciale, che si è intrecciata inevitabilmente con la Storia italiana e con la difficoltà di capire ragioni e torti, di separare giusto e sbagliato, di impugnare armi o meno e verso chi rivolgerle. "Nella prima stesura - spiega il regista - non era previsto che entrasse in gioco mio padre: è stato Felice a portarmi verso di lui, verso la loro amicizia, nata durante il terrorismo. Due uomini distantissimi per ruolo e posizioni, come soldati di stanza su avamposti di frontiera nemici che abbiano imparato a conoscersi e volersi bene".

Il documentario procede come la memoria dei suoi protagonisti, che ricostruiscono pezzi delle loro vite e in questo modo aiutano l'autore a 'ritrovare' i propri affetti.

Quattro anni di lavoro per Maisto per concludere questo lungo d'esordio, un documentario che è anche evidentemente un doveroso passaggio di vita (il regista è classe '88, aveva 22 anni quando ha iniziato il progetto) e che ha proprio in questa sua caratteristica il maggior pregio e il maggior difetto.
Troppe cose infatti vengono solo abbozzate, troppi particolari sono lasciati sospesi e lo spettatore che non conosca perfettamente i fatti storici raccontati si ritrova spiazzato e un po' a disagio.
L'affetto personale che lega i personaggi dietro e davanti la camera, però, rende ancor più evidente la difficoltà di separare giusto e sbagliato in un'epoca ormai lontana ma ancora incredibilmente viva.

12/09/2014, 09:00

Carlo Griseri