Note di regia del documentario "Prima del Film"
L’idea del documentario nasce da una mostra intitolata Prima del film, contenente i disegni di Fellini, Scola e Virzì e svoltasi a Teramo dal 5 aprile al 22 giugno scorso presso l’ARCA, Laboratorio per le arti contemporanee. C'è una linea di collegamento nella Storia del Cinema Italiano che passa attraverso il disegno, una linea precisa ed evidente che sorregge la pratica artistica di alcuni suoi protagonisti.
Cosa si agita nella mente di un regista prima di mettere a fuoco il suo progetto di film? Storia, personaggi, luoghi, abiti, caratteri – ma anche stile e atmosfera - come si materializzano in immagini concrete? La risposta è (forse) in questo documentario, che per la prima volta in Italia prova a delineare un percorso grafico nella storia del nostro cinema. Ettore Scola, Paolo Virzì e Marco Bellocchio disegnano sotto i nostri occhi segni, ghirigori ossessivi, spunti, volti, figure stilizzate e caricature istantanee, piccole allucinazioni e figurette fiabesche, ma anche tette e sederi accanto a scritte, appunti di battute, nomi di attori, tracce che farebbero la gioia di uno psichiatra, e raccontano il loro rapporto con il disegno, inteso a volte come una sorta di avamposto del film, il suo spirito, direbbe Fellini, che in queste forme fa le sue prime apparizioni ed epifanie. Come le immagini ipnagogiche, queste tracce di possibili film si affacciano e poi scompaiono oppure si cristallizzano, precipitano nelle forme di un film vero e proprio. ".... forse è una specie di traccia, un filo, alla fine del quale mi trovo con le luci accese, nel teatro di posa, il primo giorno di lavorazione" (Federico Fellini, Fare un film). A fare il punto su questa prassi poco indagata del nostro cinema troviamo nel documentario anche le voci di Marco Giusti, Alessandra Mammì e Cristiano Donzelli, che inquadrano il fenomeno in rapporto al cinema americano e all’arte contemporanea. Siamo lontani sia dalle pratiche di previsualizzazione della sequenza utilizzate dalle grandi produzioni e soprattutto dalla pubblicità, sia dalla dittatura dell’occhio d’autore che al cinema, da Hitchcock a Spielberg, usa il disegno o qualsiasi altra forma di simulazione dell’inquadratura, come strumento di lavoro, controllo, test sull’efficacia stessa della narrazione: non sono storyboard, con i disegni dell'inquadratura, dei movimenti di macchina e le indicazioni degli effetti da utilizzare sul set. Sono immagini in fieri, vere e proprie "pre-visioni", grottesche, stranianti, una sorta di disegni ad occhi aperti, che possono anche aiutare il reparto costumi o il casting per la linea di un volto o nella definizione di tipo, di un carattere, di un costume, ma innanzitutto servono a riempire il tempo dell’immaginazione prima del set, a aiutare la creatività a trovare una prima, fluttuante materia oggettiva - a volte si tratta di oscure oppure abbaglianti intuizioni visive e grafiche, a volte il deposito di una tensione psicomotoria o un piccolo sentiero interrotto dell’immaginazione. In questo senso i disegni, che vediamo animarsi nel corso del film grazie al contributo creativo del regista Marco Chiarini (regista del pluripremiato L’Uomo Fiammifero e del corto Omero bello di nonna) rappresentano un discorso comune, la traccia di un percorso tanto evidente quanto poco battuto, anche dalla critica e dagli studiosi, in cui la scena chiave è forse quella in cui il giovane Fellini e il giovane Scola, si incontrano regolarmente in qualche bar per vedersi e parlare – e mentre si raccontano cose, disegnano ognuno sul proprio angolo di tavolo, come se disegnare fosse un accompagnamento al pensiero, alla parola, al semplice respiro, come canticchiare mentre si lavora, fumare mentre si scrive, fischiare quando si erra per la campagna, fuori città.
Mario Sesti e
Marco Chiarini