Note di regia de "Il mio amico Nanuk"
Il mio amico Nanuk racconta una storia emozionante. Ciò che lo rende unico è la combinazione di tre elementi chiave: l’emozione di vedere un cucciolo di orso polare, la brutalità e la bellezza del paesaggio artico e la dolcezza dell’amicizia tra un ragazzino e un orso polare, separati entrambi dalle loro madri. E’ interamente girato oltre il circolo polare artico, ed è dedicato alle famiglie e ai giovani e rientra in quella categoria di film che recentemente in Italia hanno avuto ottimi risultati al box office come Belle et Sébastien e Vita di Pi. Purtroppo negli ultimi anni, a causa del riscaldamento globale e mentre cercano disperatamente del cibo, gli orsi polari e i loro cuccioli si spingono fino ai villaggi dell’Artico avvicinandosi pericolosamente agli uomini. Le ricerche indicano che il calo della popolazione degli orsi polari è direttamente collegato allo scioglimento dei ghiacci nelle baie di Hudson e di Baffin, e questo spinge gli orsi polari verso la terra ferma, sempre più vicini agli insediamenti umani.
Il mondo moderno sta prendendo il sopravvento sulle regioni polari e mi auguro che questa storia riesca a far riflettere sul fatto che lassù, nel Grande Nord, c’è un mondo da far conoscere e così proteggere, il mondo degli orsi bianchi. Ho scritto questo film qualche anno fa dopo aver completato le riprese nell’Artico Canadese per una serie televisiva per Discovery Channel. Viaggiando nelle terre polari ho capito quanto questo apparente deserto di ghiaccio sia in realtà pieno di vita. In primavera milioni di uccelli e mammiferi marini migrano in quelle che vengono chiamate le oasi polari. Quale scenario migliore allora per un grande film d’avventura? Volendo realizzare un film che ha come protagonista un cucciolo di orso polare, il più grande mammifero carnivoro – animale particolarmente feroce, specie rara e protetta – è bene che sappiate che la vera star è lui. Trovarlo è stato più difficile che ingaggiare un divo di Hollywood. Un conto è scrivere la storia di un cucciolo, trasformarla in romanzo e in sceneggiatura, altra cosa è trovarlo, trasportarlo, addestrarlo e averci a che fare giorno dopo giorno su un set cinematografico. Ma questo film era il mio sogno e non ho mollato finché si è realizzato. Il progetto destò subito l’interesse di un grande produttore americano Jake Eberts (produttore Premio Oscar di tanti film tra cui Ghandi, Balla coi lupi e Momenti di gloria). Con Jake abbiamo trovato i finanziatori internazionali necessari alla produzione. Il primo investitore e in qualche modo il più importante, in quanto primo, fu proprio la Medusa Film italiana.
La sceneggiatura fu scritta insieme a Hugh Hudson (regista Premio Oscar per Momenti di gloria). Purtroppo Jake Eberts poco prima dell’inizio della produzione ci lascia; lo ricorderò sempre con particolare affetto e riconoscenza, per aver creduto in me, nella mia storia, e per avermi insegnato cose importanti sul piano produttivo. A questo punto il regista Hugh Hudson ha preferito tirarsi indietro data la scomparsa dell’amico e collega. Il film era pronto a partire e io diedi l’incarico a Roger Spottiswoode di lavorare con me con un accordo di co-regia prendendo il posto di Hudson. Un altro importante elemento di questo film è il cameraman specializzato in regioni polari Doug Allan (tre Emmy Awards per la serie Il pianeta vivente e Life in the freezer della BBC) con lui abbiamo realizzato le riprese più avventurose di cuccioli e madri di orsi nel loro habitat naturale nelle isole Svalbard. Un film con un attore bambino - Dakota Goyo - e un cucciolo di orso di 4 mesi come protagonisti non era mai stato realizzato prima ma ero sicuro che sarebbe stato possibile, questo anche grazie alla mia esperienza per oltre tre anni di riprese in Artico per Discovery Channel (per la Serie in 13 puntate : Artico: ultima frontiera trasmessa da Rai Uno).
Filmare con Dakota e il cucciolo è stato divertente e difficile al tempo stesso. I cuccioli di orso riescono a mantenere l’attenzione per poco tempo. Adorano giocare ma sono irrequieti. Abbiamo anche scoperto che sono frenetici la mattina fino a quando non mangiano. Poi dormono per circa due ore e nel pomeriggio sono molto più docili e calmi. Quando abbiamo preso coscienza dei loro ritmi, abbiamo iniziato a girare la mattina le scene d’azione nelle quali i cuccioli devono correre e scappare mentre tutte le sequenze che prevedevano gli abbracci le abbiamo girate nel pomeriggio. Durante i 32 giorni di riprese, sono nate nuove amicizie ma abbiamo avuto anche qualche problemino. Per fortuna, Dakota adorava il cucciolo e tra i due si è instaurato un bel rapporto. L’addestratore ha addirittura pensato che il cucciolo considerasse Dakota un fratello e un compagno di giochi. Il cucciolo baciava Dakota, gli faceva le carezze con le zampe, correvano e lottavano insieme.
Le riprese hanno presentato qualche pericolo. Un giorno due ore dopo aver finito le riprese sul ghiaccio con una troupe di cento persone, una grossa parte della banchisa polare su cui eravamo ci si è staccata accanto a noi ed è scivolata nel mare Artico; per fortuna senza di noi. Le parti del film ambientate nelle zone più selvagge sono state girate nel nord dell’isole norvegesi Svalbard, 1.600 chilometri a sud del Polo Nord. Nel mese di aprile la troupe è rimasta intrappolata a causa di una tempesta che li ha costretti a restare chiusi nelle tende per 10 giorni a 150 chilometri da Longyearbyen, il villaggio più vicino. La visibilità era pari a zero rendendo impossibile spostarsi con la motoslitta a causa dei molti crepacci che si aprono in quella zona.
Brando Quilici