Note di regia di "Magna Mater"
“Magna Mater” è quanto di più italiano ci possa essere, ambientato com’è a Torino, nella fattispecie nei sotterranei dell’ex-Manifattura Tabacchi. Nella mia visione, quest’ultima è una sorta di gigantesco tempio di cemento, claustrofobico e tenebroso, un bizzarro sincretismo di architettura industriale ed esoterismo nei cui corridoi si muove una misteriosa setta di senzatetto adoratori di un’oscura entità conosciuta unicamente come la Grande Madre. Alla luce di ciò, dovrebbe essere piuttosto chiaro perché questa storia può essere raccontata solo nel capoluogo torinese, che è sia un polo industriale che un luogo esoterico. Malgrado l’impianto prettamente gotico, il mio proposito è di sfruttare al massimo le possibilità offerte dalle più recenti tecnologie per raccontare il tutto nel modo più moderno ed immediato possibile: l’attuale generazione di videocamere a largo sensore permette di lavorare attivamente con le luci di scena (torce elettriche, lanterne et similia), elemento che porta con sé anche un certo vantaggio dal punto di vista economico. La cosa non si traduce però in immagini dalla fattura amatoriale, ma in uno stile visivo più ruvido e realistico, non dissimile da quanto sperimentato da Rob Zombie in “Lords of Salem” e Greg McLean in “Wolf Creek”.
Emiliano Ranzani