Note di regia del documentario "They are Sailors"


Note di regia del documentario
Intuire cosa sia più importante raccontare non è cosa semplice ed immediata.
Era estate quando sono salito a bordo della Rainbow Warrior, una delle tre navi di Greenpeace, avrei dovuto raccontare per Wired il suo viaggio lungo il Mar Adriatico, da Capodistria a Brindisi, passando per Trieste, Venezia e costeggiando la costa abruzzese, nei pressi di un grosso complesso di piattaforme petrolifere poco a largo dal litorale italiano.
Il viaggio durato cinque giorni pieni, avrebbe poi sporcato l'unica fotografia che fino ad allora associavo a Greenpeace: l'assalto ad una baleniera.
La Rainbow è stata concepita per ospitare a bordo, nelle sue cabine, non solo l'equipaggio utile a condurre il cammino della nave, ma un bel numero di addetti alla comunicazione. Sia del team Greenpeace che di testate giornalistiche ospiti.
La convivenza forzata e continua, tra giornalisti che vanno e vengono per qualche giorno e i marinai che abitano quella casa, ha reso il mio lavoro molto complicato. La diffidenza verso quelli della nostra specie era lampante e a volte giustificata.
Questa distanza ha ostacolato non poco il mio personale percorso nel raccogliere quella fiducia da parte dei lavoratori a bordo che mi avrebbe permesso di raccontare il mondo a bordo della Rainbow che nessun telegiornale ha mai avuto interesse di raccontare. Un racconto che si scorge in alcuni frangenti, seppur brevemente, anche nel documentario uscito online per Wired e che ho voluto sottolineare con They Are Sailors.
Ho cercato così di mostrare i lavoratori che stanno dietro le quinte di Greenpeace. Quelli che fanno e che al di là dei motivi etici per i quali hanno aderito a mamma Greenpeace, hanno scelto di vivere per mare isolati, in un moto ondoso lento e silezioso.

Pietro Borzì