Note di regia di "Braccialetti Rossi 2"
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Raccontare la malattia in un film pieno di vita”.
Personalmente non mi aspettavo una così profonda risposta del pubblico ai temi così forti e coraggiosi proposti dai “Braccialetti”. Mi sono quindi avvicinato alla seconda stagione con grande entusiasmo ma anche con un po’ di paura e senso di responsabilità per non deludere tutte le persone che in questi mesi ci hanno letteralmente inondati del loro amore. Primi tra tutti le persone malate, le loro famiglie, i volontari e le persone che lavorano negli ospedali. E poi i tanti bambini e ragazzi.
Quando ci siamo ritrovati sul set ho quindi cercato di condividere con i giovani attori questo senso di responsabilità. I “braccialetti” ovviamente stanno vivendo sulla loro pelle questo grande bellissimo successo, ma nel lavoro niente doveva cambiare. Dovevamo semplicemente, umilmente rimetterci al lavoro senza dare nulla per scontato. Anche per questo motivo quest’anno abbiamo periodicamente aperto il set ad alcuni dei ragazzi malati che ci hanno chiesto di venire a conoscerci: per ricordarci molto bene perché e per chi stiamo facendo questo lavoro. È stato interessante capire che il nostro pubblico certamente si è identificato ed ha amato gli attori del film (Carmine, Mirko, Aurora, Pio, Brando e Lorenzo), ma ancora di più ha amato proprio i personaggi del film: Leo, Vale, Cris, Davide, Rocco e Toni. Perché hanno riconosciuto e amato in loro le qualità di cui loro sono portatori. La solidarietà, l’amicizia, la voglia di verità e l’anticonformismo… Insomma quelle caratteristiche che oggi mancano molto nella loro (e nostra) vita. Leggendo i commenti facebook e i twitter dei fan sembra che l’amore per i nostri ragazzi e la voglia di assomigliargli sia un grande grido di speranza.
E i “braccialetti” sul set hanno risposto veramente alla grande. Sempre con umiltà e disponibilità. Abbiamo lavorato duro, con fatica ma anche con leggerezza e gioia. Certo, rispetto alla “incoscienza” della prima serie quest’anno i giovani attori avevano più consapevolezza e conoscenza degli strumenti del lavoro e ho quindi potuto lavorare più in profondità sulla recitazione.
Nella storia i personaggi sono cresciuti e in parallelo si è approfondita la loro psicologia e il modo di rapportarsi tra loro. Come sempre mi sono avvicinato con grande rispetto e curiosità verso questi giovani attori. Il mio lavoro è stato soprattutto al loro servizio. Per aiutarli a non recitare, ma ad essere se stessi mantenendo la loro verità spiazzante. Il “Cinema” viene dopo. Per cogliere la loro spregiudicatezza. Il loro coraggio. La loro disperazione. Il loro amore. Totale. A perdere. Senza condizione.
Ho camminato sul filo del rasoio cercando di realizzare insieme ai miei grandi collaboratori un film che faccia sorridere ma anche pensare e commuovere.
Parlare di valori, senza retorica. Raccontare la malattia in un film pieno di vita
Giacomo Campiotti