Note di regia del documentario "Quando
dal Cielo - Wenn aus dem Himmel"
Quando si parte per un film c'è il desiderio di muoversi verso qualcosa, ma non si sa mai verso cosa. Per Quando dal cielo... l'interesse era quello di mettersi in ascolto, non solo di musicisti che stimo ma anche dell'immagine. Volevo vedere come si suscita l'immagine attraverso la musica. Filmare la musica è molto difficile: l'unica possibilità è quella di entrare dentro la musica, capire la giusta distanza, la posizione... Per trovare la giusta posizione all'interno dell'auditorium abbiamo impiegato tre mesi. Per capire la giusta distanza tra i musicisti e la cabina di regia e quali equilibri e tensioni potessero far emergere maggiormente la musica.
Nel film i musicisti vengono ripresi molto spesso di spalle mentre suonano ai concerti perché il film tende ad omaggiare la visione e quella cinematografica viene da dietro. Mi interessava quindi vedere cosa accade nell'ascolto da dietro. La cosa interessante era rincorrere la musica, il suono. Non musicisti e musica che vengono verso di noi, ma noi che rincorriamo musicisti e suono. Può sembrare impegnativo, ma solo così possono venire i momenti di grazia.
Nel film poi ci sono delle sedie vuote, come se dovesse arrivare un pubblico che poi, di fatto, compare (tristemente passivo nell'intento di duplicare) solo nel finale, mentre dovrebbe avere un ruolo attivo perché attiva è la dimensione dell'ascolto che ha la stessa importanza di chi suona.
"Dichiarazioni tratte dall'intervista realizzata per lo special sul film "In cammino verso il suono"
Fabrizio Ferraro