Note di regia di "Faber in Sardegna"
C’è una forte e sotterranea “ragione personale” che mi lega alla figura di De André: una ragione evidente è che a Carloforte, isola di S. Pietro, da anni dirigo un Festival di Musica per cinema che abbiamo intitolato Creuza de Mà, in omaggio a Fabrizio De André, genovese di nascita e sardo d’adozione. E genovese e sarda è del resto anche Carloforte, fondata nel 1738 da una colonia di pescatori di Pegli. Nel 2009 per l’anniversario della scomparsa di Fabrizio De Andrè, abbiamo invitato un grande musicista, Mauro Pagani, collaboratore e coautore con De Andrè proprio di Creuza de Mà, proiettando il documentario RAI di Vittorio Nevano Creuza de Mà, su Fabrizio de André e Mauro Pagani, girato quasi totalmente proprio a Carloforte.
L’altra ragione è più laterale e privata: nel 1989 il mio primo film ambientato in Sardegna si chiamava Disamistade, come la famosa canzone dell’ultimo album di Fabrizio. E la colonna sonora è stata composta da Nicola Piovani (che ha collaborato anche con Fabrizio De André per Non al denaro non all’amore né al cielo e per Storia di un Impiegato).
La storia che voglio raccontare parla di De André, ma se ne discosta continuamente per parlare di “quello che rimane vivo” di De André, in un posto come l’Agnata, nella musica, nelle parole della gente che lo ha incontrato, per poco o molto, per l’arte della musica, o che semplicemente l’ha accompagnato nel quotidiano lavoro dell’azienda agricola, della vita trascorsa in questo angolo di mondo. Un film musicale che mette a fuoco il sentimento e l’emozione del paesaggio, poetico, riconducibile sempre alla musica re-interpretata oggi, in omaggio a De André, da artisti come Ornella Vanoni, Paolo Fresu, Morgan, Danilo Rea, Rita Marcotulli, Maria Pia de Vito, Lella Costa, Gian Maria Testa, Teresa De Sio e dal figlio Cristiano De Andrè: sulle ali del ricordo, che non vuole essere celebrazione ma ricordo vivo e attiva partecipazione.
Un documentario “dall’interno” che nasce dall’esigenza di raccontare il complesso rapporto, ad oggi solo sfiorato o talvolta trasfigurato in folklore, tra De André e un luogo speciale come l’Agnata e la Gallura. La Sardegna, con i suoi suoni, le musiche, la sua lingua, tutti temi contenuti nella “ricerca del mediterraneo”, che fanno da anima allo straordinario percorso artistico del cantautore genovese. Sarà come srotolare un filo rosso sottile, pieno d’amore, di gratitudine e di rimandi, che lega così indissolubilmente la figura di Fabrizio De André a questa terra.
Il film contiene immagini d’archivio, fotografie e spezzoni di filmati che raccontano Fabrizio De André privato e intimo, così come il suo legame sempre più stretto con la Sardegna. Dalle rare immagini di repertorio che lo ritraggono all’Agnata, a foto e filmati familiari, che mettono in luce il suo essere sardo tra i sardi, la vita di un uomo che, smessi i panni del cantautore conosciuto da tutti, indossa quelli dell’allevatore e contadino; un’ansa di racconto, che toccherà un aspetto della storia della Sardegna negli anni ‘70, quando grandi cambiamenti socio-economici coinvolgono l’intera popolazione sarda. E infine un presente che va oltre il tempo perché si concentra sulla musica di Fabrizio, suonata oggi dai tanti musicisti che ogni anno all’Agnata, nel prato di fronte alla casa di Fabrizio De André, danno vita a concerti unplugged, che hanno il sapore di un raduno, di un ritrovarsi tra amici, per il piacere di cantare insieme le sue canzoni.
La ricerca di queste tracce di vita vissuta diventa allora il tema e la forma del film. Questo film sarà l’occasione d’incontrare un Fabrizio De Andrè nuovo, intimo e “sardo”. Il film racconta una storia e un luogo a cui manca un pezzo, una lunga frequentazione che è durata oltre 27 anni, fino alla sua scomparsa, e che rivive oggi nel concerto omaggio in Agosto.
Gianfranco Cabiddu