NAPOLISLAM - Intervista al regista Ernesto Pagano
Ernesto Pagano con il suo documentario "
Napolislam", la storia di dieci napoletani, convertiti all’Islam, ha vinto la sezione italiana del
Biografilm 2015 di Bologna. Lo abbiamo intervistato.
Da dove nasce la voglia di raccontare questa storia in un documentario?
Nasce dall'incontro con un fenomeno nuovo: quello delle conversioni all'Islam tra ragazzi dei quartieri popolari della città di Napoli. La spia di un fenomeno di penetrazione dell'Islam anche in un tessuto sociale tradizionalmente legato a una religiosità fatta di venerazione dei santi e delle icone "santificate", come Maradona. Un ambiente in cui i giovani crescono tra motorini, lampade solari e tatuaggi, insieme alla prospettiva del guadagno facile all'interno delle fila della bassa manovalanza camorristica.
Quali secondo lei i motivi del 'fenomeno' della conversione all'Islam a Napoli? Si tratta di un caso unico in Italia o nelle grandi città la situazione è simile?
Non conosco né ho studiato la situazione nelle altre città italiane, ma è certo che quello dell'islamizzazione non è un fenomeno isolato tra i vicoli di Napoli. Tralasciando gli ultra-mediatizzati "foreign fighters" - che fanno notizia, ma che sicuramente non fanno numero - c'è un flusso di conversioni continuo che si è fatto più importante dopo l'11 settembre 2001 e che continua a crescere. Da un lato si tratta di conversioni indotte dai matrimoni misti: la pressione migratoria porta inevitabilmente a situazioni di contaminazioni culturali e religiose. Dall'altro si tratta di percorsi che riguardano la propria dimensione interiore. Molti dei convertiti che ho conosciuto vedono nell'Islam una risposta al disagio sociale e alla crisi di valori e ideologie politiche che attraversano la società europea, non solo Napoli.
Come ha scelto le persone da raccontare?
Il metro di scelta è stato quello della genuinità della loro conversione. Ho escluso personaggi che si sono convertiti per interesse (magari per potersi sposare con una donna musulmana). Più in generale, ho scelto le storie umane che mi hanno affascinato. Motivo determinante di questa fascinazione è stato anche la maniera di queste persone di raccontare se stesse e il proprio vivere da musulmani. Da questo punto di vista, Napoli offre enorme scelta di materiale narrativo.
Può essere il suo documentario un mezzo per limare alcune tensioni nel nostro paese, dovute soprattutto alla non conoscenza?
Dire che l'ignoranza crea pregiudizio forse è una banalità, ma è proprio così che stanno le cose. La parola “Islam” e quella “musulmano” sono diventati degli stereotipi che suscitano paranoia e pregiudizio. L'unico modo per fare breccia nella superficie dura e piatta dello stereotipo è restituire umanità a chi l'Islam lo vive e lo pratica: raccontarli come persone in carne e ossa. Scopriremo che anche a un ragazzo barbuto che recita perfettamente il corano piacciono molto le zeppole di San Giuseppe o le pennette al pomodoro. Scopriremo anche che le questioni affrontate nelle vita quotidiana dai nuovi musulmani sono le stesse che affrontiamo noi: il lavoro, l'amore, la sofferenza.
Se ci si ferma un attimo a riflettere è assurdo che ci sia bisogno di un film sui convertiti all'Islam per dirci che queste in fondo sono persone normali. Ma questo è il livello a cui siamo arrivati in Italia purtroppo. In questo clima provare a raccontare le cose senza prendere posizioni (cioè stare con o contro l'Islam) sembra incomprensibile. Ma è proprio quello che ho provato a fare, perché il mio è innanzitutto uno sguardo laico, in tutti i sensi.
Vista la sua ampia conoscenza della situazione, c'è stato comunque qualcosa che l'ha sorpresa e colpita durante la lavorazione? Se sì, cosa?
E' stata un'esperienza di scoperta continua. A colpirmi è stata la capacità di Napoli di raccontare e integrare un "corpo estraneo" come l'Islam nel suo tessuto culturale. Il Napoletano impone la sua cultura e il suo linguaggio e anche l'Islam in qualche modo si napoletanizza: la preghiera islamica diventa "pregare a faccia 'nderra", pregare con la faccia per terra, atto di sottomissione estremo che ben sintetizza il senso stesso della parola Islam che è sottomissione a Dio.
Quale è stato il riscontro del pubblico alle prime proiezioni?
Alle proiezioni a cui ho partecipato le sale erano piene: indice che l'interesse è grande visto l'argomento. Ma
Napolislam è soprattutto un racconto che con mia grande sorpresa (e anche soddisfazione) è stato apprezzato anche nella sua realizzazione registica.
22/06/2015, 10:25
Carlo Griseri