IL CINEMA DI RENATO CASTELLANI - Tutto in un libro
È uscito in questi giorni in libreria Il volume “
IL CINEMA DI RENATO CASTELLANI’’ a cura di Giulia Carluccio, Luca Malavasi e Federica Villa, Carocci editore, Museo Nazionale del Cinema e Centro Sperimentale di Cinematografia. Il volume si divide in tre sezioni: ritratti, prospettive, film e due sotto sezioni sulla filmografia e bibliografia essenziale.
Il libro è stato scritto per ricordare la figura di Renato Castellani, a cento anni dalla nascita. Ma non ha un’impostazione celebrativa, ma critica e filmica, per evidenziare il ruolo di un regista che ha attraversato, spesso in punta di piedi, cioè senza clamori eccessivi, l’orizzonte del cinema e quello della cultura italiana. E tre realtà universitarie, Genova, Torino e Pavia, hanno ricordato Castellani, con convegni e una mostra che ripercorre l’iter artistico del regista ligure. Castellani è stato un autore regista, che ha attraversato il neorealismo, la commedia all’italiana e i film in costume.
Eppure in questi attraversamenti, il suo percorso non è stato lineare, perché Renato Castellani, è forse stato un intellettuale pragmatico da un verso, modificando anche certe prese di posizione ideologiche. Egli è un autore formalista, che vuole uscire dalla rigidità del neorealismo, tanto che alcuni studiosi hanno parlato, nel periodo successivo alla corrente neorealista, di neo neorealismo. Ma in realtà l’avvicinamento alla commedia, indeboliva l’insegnamento zavattiniano, di Rossellini, di De Sica e del primo Visconti. Per cui è controversa questa contaminazione , che certi autori, come Castellani appunto, volevano per andare più vicino ad un pubblico, che già risentiva del benessere economico, che stava avanzando e dell’avvento della televisione. Un aspetto certamente positivo in Castellani, è la sua capacità di curare il racconto.
Scrivono a questo proposito i curatori del libro: “ La progettazione e la costruzione narrativa viene a valorizzare le vicende dei personaggi, tendendo però ben saldo il baricentro nella forza narrativa che li muove in continuazione in un peregrinare fortunoso.’’ In DUE SOLDI DI SPERANZA, una voce fuori campo descrive la vicenda narrativa e lo rende vicino allo spettatore. Castellani, non vuole un cinema ermetico, difficile, un film per pochi; vuole un cinema che pur avendo negli anni Sessanta, un percorso frammentario, fatto di strutture autonome, si avvicinasse sempre più agli episodi televisivi. La medietà è infatti un elemento costitutivo del cinema di Castellani. Romeo e Giulietta, Verdi, La vita di Leonardo da Vinci, rappresentano in sé operazioni culturali qualitative, che però devono rispondere alle esigenze dei tempi e bisogni televisivi. Insomma castellani, comprende che l’audience è dietro la porta, con tutti i rischi qualitativi che può comportare.
Gli archivi del Fondo Castellani, evidenziano anche il ruolo didattico di Castellani, che non si allontana dal Rossellini televisivo. Ma tornado al Castellani, uscito da poco dall’esperienza neorealista, cioè della trilogia della povera gente: Sotto il sole di Roma, E’ primavera…,Due soldi di speranza. In questi, che sono poi i film più importanti del regista ligure, si sviluppa una dialettica tra le analogie (il primato del personaggio) e le differenze (il venir meno del senso di cattiveria della commedia), che permette di ricostruire il suo percorso in bilico tra rivisitazione del passato e apertura verso il futuro. Un connubio, non sempre felicemente attuato, fra il periodo postneorealista e le forme della commedia.
Paolo Montanari15/07/2015, 08:30