Note di regia di "Bella e perduta"
«Ho imparato a guardare l'Italia contemplando il suo paesaggio dai treni, riscoprendo di volta in
volta la sua bellezza e la sua rovina. Spesso ho pensato di realizzare un film itinerante che
attraversasse la provincia per provare a raccontare l’Italia: bella, sì, ma perduta. Anche Leopardi la
descriveva come una donna che piange con la testa tra le mani per il peso della sua storia, per il
male atavico di essere troppo bella.
Quando mi sono imbattuto nella Reggia di Carditello e nella favola – perché di favola si tratta – di
Tommaso, “l’angelo di Carditello”, il pastore che con immensi sacrifici ha deciso di dedicare tanti
anni della sua vita alla cura di un bene artistico abbandonato, ho visto una potente metafora di ciò
che sentivo la necessità di raccontare: dopo la morte di Tommaso, prematura e improvvisa, Bella e
perduta – nato inizialmente come un “viaggio in Italia” destinato a toccare altre tappe – è
diventato un altro film, sposando fiaba e documentario, sogno e realtà.
Carditello è l'emblema della bellezza perduta e della lotta del singolo, dell'orfano che non si
arrende a un meccanismo incancrenito di distruzione e disfacimento; e allo stesso tempo questa
storia così radicata nella Storia del nostro Paese indaga un tema, quello del rapporto tra uomo e
natura, mai così universale, a ogni latitudine»
Pietro Marcello