LOCARNO 68 - "Bella e perduta", favola amara e disperata
Bella e perduta, favola amara e disperata sul presente (Terra dei Fuochi) e su quello che un domani potrebbe diventare il nostro pianeta.
Se si parla di Sarchiapone non bisogna dimenticare Razzullo. Poiché i due personaggi della Cantata dei Pastori, rappresentazione sacra natalizia popolare seicentesca vanno insieme. Ma andiamo in ordine.
Con l’appellativo “
Sarchiapone" si indica oggi l’uomo grosso e grasso, bietolone e melenso, nonché lo stupido, ma pure – stranamente – l’ipocrita, il furbastro, il volpone di tre cotte, ma più esattamente, con riferimento all’aspetto fisico, un tipo basso e storto”.
Nel lungometraggio
Bella e perduta di Pietro Marcello, Sarchiapone è un animale sacrificale parlante che comunica di preferenza con gli inferi. Suo degno compagno e complice è “un tal Razzullo, illetterato scrivano che fa degli strafalcioni e dell’ atavica fame la sua divisa distintiva”, potrebbe divenire il simbolo della burocrazia marcia e corrotta.
Per quel che riguarda l’appetito Sarchiapone si apparenta a
Pulcinella, maschera storica campana. Il nome in seguito venne assegnato alle bestie e “segnatamente ai piccoli cavalli arabi usati normalmente nel contado napoletano”. Oltre che nella Cantata dei Pastori e nel parlar dialettale Sarchiapone lo si ritrova come animale immaginario in uno sketch televisivo datato 1958 con Walter Chiari e Carlo Campanini.
In
Bella e Perduta, film del regista casertano Pietro Marcello, unico film italiano in competizione a Locarno, Sarchiapone, non più uomo ma bufalo della Terra dei Fuochi, è il protagonista di un road movie, di un sogno, di una favola straziante. Animale inutile perché non ingrassa abbastanza, e non da latte è destinato al macello.
E’ stato lasciato in simbolica eredità a Pulcinella dal pastore Tommaso Cestrone eroe della cronaca e protagonista del film, che rischiando la propria vita ha salvato dalla completa vandalizzazione la reggia borbonica di Carditello, situata nel cuore della “Terra dei Fuochi” obiettivo principale della camorra. Il film, sospeso tra fiaba, sogno e amara realtà, narra in modo onirico il viaggio del bufalotto parlante, trascinato lentamente da uno sconsolato Pulcinella, attraverso territori, oggi desolati per la scelleratezza umana, di quella che fu in tempi ancestrali fu la Campania Felix.
Lungo il cammino in una antologia di personaggi emarginati, che vivono un’esistenza precaria, filmati con realismo, s’incontrano dei volontari che – come Tommaso – ripuliscono una piccola porzione di territorio o lottano affinché la situazione non si degradi ulteriormente. Sullo sfondo, la presenza tenebrosa della camorra che non esita a spaventare e ad uccidere chi si oppone alle sue trame e che osa presentarsi come potere «onesto» nei confronti della corruzione e dell’assenza dello Stato.
Il lungometraggio del regista casertano, che con il film ibrido tra documentario e finzione,
La bocca del lupo, sua opera prima, nel 2009, aveva vinto il Festival di Torino, è un insieme di diversi generi che l’abile montaggio di Sara Fgaier, anche produttrice insieme al regista riesce ad armonizzare dandoci un opera che un’ode sofferta e quasi priva di speranza in memoria di una terra «bella e perduta» che non è né l’Italia, né la Campania, ma il mondo intero.
Il titolo è la citazione di un verso di “Va pensiero sull’ali dorate” dal Nabucco di Giuseppe Verdi.
14/08/2015, 08:19
Augusto Orsi