“Pecore in erba” è un film nato per rispondere a una domanda: esiste ai giorni nostri una nuova chiave per parlare di antisemitismo in modo da coinvolgere e sensibilizzare su un tema così controverso?
Un tema così antico e allo stesso tempo costantemente presente nella cultura moderna, che i fatti più recenti, a mio avviso, rendono difficilmente riconoscibile.
Per questo con “Pecore in erba” ho voluto provare ad affrontare un tema terribile come quello dell’antisemitismo con i toni della satira.
Questo film vuole divertire, con un racconto che si fonda su un gioco: il gioco di parole, il gioco d’invenzione, il gioco con la Storia e la cultura popolare. E’ un divertissement che racconta un ragazzo in crescita e che fa riferimento a territori molto legati allo humor ebraico, come la psicanalisi.
Leonardo è un inventore, un personaggio sopra le righe, un “Forrest Gump” che cambia involontariamente la storia.
Ho trovato lo spunto per dar vita a questa storia quando ho provato ad immaginare un protagonista antisemita, che per una paradossale situazione non riuscisse mai veramente ad esprimersi ed affermarsi, nonostante la società in cui viva (una Roma distopica dei giorni nostri) fosse molto antisemita e in cui questo fenomeno non fosse mai realmente condannato.
Leonardo è un trentenne romano dei giorni nostri, e rappresenta quello che definirei un "antisemita puro". Questa purezza dipende dal fatto che Leonardo, pur vivendo in una realtà in cui l'antisemitismo è ampiamente accettato e sdoganato, non ha bisogno di motivi e ideologie per dar voce al proprio odio antiebraico, perché questo è innato, fa parte di lui e non deriva da una scelta ideologica.
In questa storia che ricostruisce la vita di Leonardo (che è scomparso) attraverso la testimonianza dei suoi amici e famigliari, la narrazione entra nel vivo di una storia che coinvolge con leggerezza. La preoccupazione della famiglia di Leonardo per la sua diversità, l'amore per una donna, la ricerca di un padre scomparso e del rapporto che non ha mai potuto avere con lui, il desiderio di accettazione e quello di ‘trovare se stesso” muovono la sceneggiatura.
Il gioco tra personaggi immaginari e reali (noti giornalisti, politici) inseriti in contesti realistici come i talk show, o nelle loro case, viene utilizzato come espediente per rendere la storia reale e non di pura fiction.
E' un gioco sottile, che prevede (da parte delle personalità che accettano di parteciparvi) di far leva sul loro ruolo e sulla loro notorietà per raccontare una realtà inventata e incredibile, totalmente distorta e amaramente divertente.
Lo stesso vale per la rappresentazione di eventi storici e fenomeni di massa reali a cui viene data una nuova interpretazione (ovviamente falsa) amplificando ulteriormente l’impianto satirico.
L’antisemitismo è un fenomeno radicato. Le sue forme più diffuse e difficili da combattere sono proprio quelle manifestazioni più sfumate o apparentemente inconsapevoli.
Ho cercato un modo per portare in luce e ridicolizzare l'ipocrisia e la malafede (più o meno coscienti), invitando a riflettere sulle sfumature di questo fenomeno e sul nostro modo di porci riguardo ad esso.
Se l’immedesimazione in un personaggio negativo potrebbe sembrare folle o addirittura pericolosa, il gioco è chiaro fin dall’inizio: il distacco è immediato attraverso la messa in scena di un personaggio così estremo. Spero che Leonardo riesca a mettere ancora più in luce le dinamiche della società e la falsità di alcuni atteggiamenti collettivi.
Negli ultimi 5 -10 anni il genere del mockumentary e film che giocano con la verità e la finzione proliferano in tante forme. La satira è cambiata entrando in fenomeni globali e virali e quindi più vissuti, e non limitandosi alla caricatura, allo sketch, all’imitazione.
Gli stessi social network mettono l’ironia al primo posto nel presentare un fatto, come se questa rappresentasse la naturale evoluzione di un linguaggio. Il web ci ha abituati a giocare molto con questo contesto “meta”, col trovare contraddizioni. Questo vale anche da un punto di vista stilistico: media e registri vengono mischiati sempre più frequentemente, dal linguaggio televisivo a quello cinematografico, a quello teatrale, allo sketch umoristico.
L’approccio non è mai "cattivo" nei confronti di chi si rappresenta, o in alcun modo violento, ma si basa sempre sul paradosso. Come ne “Il Dittatore”, Sacha Baron Cohen può esporre i pregiudizi e le battute più antisemite o non-politically correct con l’onestà di un personaggio negativo, mostrando quindi l’altra faccia della medaglia, qui si vuole fare lo stesso, traendo ispirazione anche da film come Zelig di Woody Allen o dai Monty Python, portando in superficie la vera natura di un certo tipo di pensiero e la gravità di atteggiamenti realmente diffusi e in crescita in molti paesi.
Atteggiamenti reali che nella loro ignoranza, miopia o assurdità comica spesso superano la finzione di questo film.
Alberto Caviglia