AMO LA TEMPESTA - Di tutto per farlo tornare
“L’idea di "
Amo la Tempesta" nasce dalla volontà di raccontare storie dei nostri giorni, attingendo dall'attualità e dai problemi quotidiani e dall'esigenza di allargare il nostro sguardo a quei fenomeni che affliggono il nostro Paese. L'emigrazione dei ricercatori italiani più volte stereotipata nel cliché della “fuga dei cervelli”, (traduzione italiana di brain drain" coniato nei primi anni '60 dalla Royal Society inglese, nda), si lega fortemente alle problematiche economiche di questi ultimi anni e riflette il divario tra le nazioni rimaste indietro e quelle, invece, che dalla crisi hanno saputo riscattarsi”, racconta il regista,
Maurizio Losi.
La maggior parte dei giovani professionisti che decidono di lasciare l’Italia non ha alcuna intenzione di tornare: secondo un recente studio coordinato dell’università di Catania, su un campione di quasi mille ricercatori espatriati con un’età compresa tra i 25 ed i 40 anni, il 73% risiede fuori dai confini nazionali felicemente.
I giovani professionisti italiani vanno all’estero per inseguire migliori opportunità occupazionali, attratti dal prestigio dell’istituzione ospitante e dall’innovazione delle tematiche di ricerca. “Un fenomeno che nel film diventa anche il pretesto per indagare il rapporto tra genitori e figli”, aggiunge il regista.
Perché se il governo gioca la carta del bonus per far rientrare in patria i talenti italiani, nella convinzione, tutta da verificare, che sarebbero in grado di riavviare la macchina produttiva italiana, nel film sono i genitori abbandonati che si mobilitano per tentare di riportare in Italia i propri figli. L’idea è quella di rapirne uno per attirarne cento.
Così Angelo parte alla volta della Germania per compiere un’impresa impossibile. “Angelo come tanti, a causa della debolezza provocata dal vortice della vita, si sente inadeguato come uomo, come marito e come padre. Andando a cercare il figlio emigrato in Germania prova a riscattare la sua figura di genitore che non è riuscito ad esprimere”, dice Nando Paone.
Ma non aspettatevi un film deprimente o pesante, tutt'altro. Losi sceglie il taglio ironico che mai come in questo caso gioca scherzi ancora più buffi, per mettere a nudo non solo l’arretratezza del nostro sistema universitario che produce dottori di ricerca con un'ottima formazione ma in numero nettamente superiore a quello richiesto dal sistema produttivo nazionale, ma anche una serie di argomenti di totale attualità transnazionale.
Come la guerra fredda economica e politica in corso tra Germania e Italia e la crisi di un modello familiare tradizionale che vede la famiglia unita sotto un unico tetto, che si tramanda i mestieri da padre a figlio.
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Descrivere i problemi del nostro tempo, utilizzando un taglio ironico e surreale, vuole aprire un dibattito sull' argomento, alla ricerca di una riflessione collettiva che possa restituire un sano miglioramento e approccio alle dinamiche sociali ed economiche della nostra epoca”, conclude Losi.
12/04/2016, 10:27
Monica Straniero