Note di regia del film "Fiore"
La documentazione
La realizzazione di Fiore, dalla scrittura alla messa in scena, si è basata sulla documentazione: sull’incontro con la realtà e successivamente sulla sua trasformazione in drammaturgia e racconto per immagini, con l’obiettivo di realizzare un film con il massimo grado di verosimiglianza possibile.
Con questo intento, io e gli sceneggiatori abbiamo trascorso un periodo di quattro mesi (da gennaio a maggio 2014) di insegnamento volontario all’interno dell’Istituto Penale per i Minori di Casal del Marmo: il carcere minorile di Roma.
Abbiamo coinvolto i detenuti, ragazzi e ragazze, in una serie di laboratori sul tema del linguaggio video e cinematografico, per riuscire a scrivere la sceneggiatura all’interno del carcere e basarla sulle loro esperienze e sulle loro reali biografie.
Il tema
I maschi e le femmine in carcere non si possono frequentare e non hanno nessuna attività in comune, ma nonostante la detenzione e il divieto assoluto d’incontro riescono lo stesso a vivere storie d’amore: relazioni fatte di lettere, di sguardi da una cella all’altra e di conversazioni brevi, sottratte all’attenzione della polizia penitenziaria.
Nonostante l’ambientazione carceraria del film, quello che ci emozionava non era un racconto morale sul reato e la condanna, ma erano i sentimenti degli adolescenti costretti nella detenzione: il film è raccontato tutto dal punto di vista della protagonista diciassettenne, che vive contemporaneamente l’esperienza del carcere e quella del primo amore.
E’ possibile vivere l’adolescenza in un contesto carcerario? Preservare la grazia e l’innocenza pur essendo colpevoli davanti alle legge? Questa contraddizione è stata l’origine del lavoro, il paradosso di due adolescenti che vivono la forza del primo amore in un luogo dove l’amore è vietato.
La messa in scena
Il cast dei detenuti adolescenti è composto da attori non professionisti, per la maggior parte ex detenuti o in regime di messa alla prova, qualcuno conosciuto nei laboratori in carcere, quando il Dipartimento di Giustizia Minorile mi ha dato il permesso di coinvolgerlo nel film.
Anche i ruoli degli assistenti di polizia penitenziaria sono interpretati per la maggior parte da veri poliziotti.
La ricerca della location è stata molto faticosa: nonostante la collaborazione iniziata con i laboratori abbiamo potuto girare nel carcere minorile di Roma solo poche scene, a causa della difficoltà di far coincidere gli orari notturni e diurni di una troupe con gli orari del regime carcerario. La maggior parte del film è stata girata nel carcere minorile dell’Aquila, un carcere senza detenuti, trasferiti in altri istituti dopo il terremoto, ristrutturato e mai più rimesso in opera.
La scenografia ha invecchiato il carcere, che era intatto e inutilizzato, e noi ci abbiamo portato circa 40 detenuti e qualche poliziotto. Il carcere è anche un luogo multiculturale e multietnico: i detenuti, maschi e femmine, provenivano da diverse parti di Italia e la maggior parte erano di origine maghrebina, slava, rom e sinti.
Avere la presenza di veri poliziotti ci ha aiutato a ricreare nella messa in scena il complicato sistema di regole e divieti che scandiscono il giorno e la notte: la chiusura in cella, l’apertura delle celle e la chiusura nel braccio, l’ora d’aria, l’isolamento.
Nel film Fiore il carcere, per i ragazzi e le ragazze adolescenti, non è solo la privazione temporanea della libertà, ma è la mancanza di amore: la morale non è più quella della legge, ma è quella anarchica dei sentimenti e le regole del carcere e i divieti dei poliziotti sono gli ostacoli da superare per vivere i sentimenti della propria adolescenza.
Claudio Giovannesi