VENEZIA 73 - C'è qualcosa di strano nella "Stanza 52"
Per la cultura napoletana, il culto dei morti e il conseguente dialogo con l'aldilà superano la semplice dicotomia sacro/profano. Parlare con chi ha oltrepassato la vita terrena diventa così qualcosa di assolutamente normale, per qualcuno un rito quotidiano.
E' ciò che accade alla protagonista di "
Stanza 52" di Maurizio Braucci, in concorso a Venezia tra i corti corti della sezione Orizzonti e completamente ambientato tra le quattro mura di una camera d'albergo partenopea.
La signora Serena è l'addetta alle pulizie di un piano di un lussuoso albergo, rapida ed efficiente professionista, tranne per una specifica stanza cui dedica più tempo del dovuto, per qualcosa ben più importante del riassettare un letto.
In un clima surreale, quasi da teatro dell'asurdo, la protagonista inizia l'ennesimo dialogo con uno spirito che si cela nella stanza e le risponde attraverso la luce delle lampadine, lo scarico del bagno o una vecchia radio. Serena vuole avere notizie su suo marito, deceduto anni prima e mai dimenticato, e al contempo si interroga sul valore della vita e della morte, arrivando ad ammettere l'ingiustizia del vivere una vita senza peccati nella speranza dell'eternità.
Se qualcosa di simile avveniva a Winona Ryder nel recente fenomeno seriale "Stranger Things", toccando picchi di horror e mistero, qui Braucci è bravo a trovare il giusto equilibrio tra malinconia e commedia, due caratteristiche primarie della tradizione napoletana che l'attrice Vincenza Modica dimostra di incarnare perfettamente.
03/09/2016, 15:40
Antonio Capellupo