VENEZIA 73 - "Il più grande sogno", una nuova vita
Mirkone è un fantasma del passato, una storia sbagliata fatta di violenza e criminalità, di fallimenti e di carcere. Tornato in libertà, Mirko cerca di liberarsene cambiando vita e dedicando le proprie energie alla protezione della famiglia e della gente del suo quartiere. Ma certe volte i fantasmi ritornano per metterti alla prova.
Dopo aver diretto una serie di corti,
Michele Vannucci fa il suo esordio con "
Il più grande sogno", la vera storia di Mirko Frezza, da lui stesso interpreta, in concorso nella sezione Orizzonti.
A cavallo tra il cinema di Caligari e il primo Garrone, il regista racconta una poverissima periferia romana, un microcosmo fatto di case popolari e sgangherate roulotte in cui si muove un tessuto sociale abbandonato a se stesso.
Con quei capelli e quella barba lunga, Mirko sembra un Cristo di borgata, tornato a predicare in un luogo dove la fame e la droga la fanno ormai da padroni. La macchina da presa gli si inchioda alle spalle, seguendolo nei vari giri di quartiere al fianco del migliore amico Boccione (l'ennesima buona prova di un lanciatissimo Alessandro Borghi) e restituendo immagini volutamente sporche.
L'approccio tra i personaggi ha qualcosa di animalesco, che si tratti di sesso, di sfida o di scatti impulsivi, perché Mirko in fondo altro non è che un leone in difesa della compagna, dei suoi cuccioli e del suo branco.
In un momento in cui è lecito domandarsi se sia più il cinema del reale a pescare nella finzione, o quest'ultima a lasciarsi contaminare dal documentario, immettendo un vero personaggio con le sue sincere ossessioni ed emozioni in un contesto di fiction, il regista crea un interessante e riuscitissimo cortocircuito cinematografico.
Quello di Vannucci è un esordio folgorante, che porta sul grande schermo un'autentica storia di riscatto sociale e amore per la vita.
04/09/2016, 08:22
Antonio Capellupo