Note di regia di "Forte Verena"
Nel corso della notte la neve aveva ricoperto le pendici del monte Verena. Il giorno dopo, quello dell’inizio delle riprese, la strada sterrata, già difficile da percorrere in condizioni normali, era chiusa. Gli impianti di risalita che permettono di raggiungere le piste da sci erano ancora fermi. Abbiamo quindi deciso di raggiungere la vetta a piedi, percorrendo il ripido pendio sul versante sud della montagna. Con le attrezzature in spalla e le gambe che affondavano nella neve abbiamo raggiunto la vetta del monte, a 2019 m s.l.m., partendo dal rifugio Verenetta, a 1650 m s.l.m. Nonostante i 10 gradi sotto lo zero il sudore grondava copioso dalla fronte a causa del pesante sforzo fisico. Ad ogni passo, ad ogni metro guadagnato, riflettevo sulla condizione 3 dei soldati che avevano percorso quei sentieri prima di me con un fardello ben più pesante sulle spalle, un fardello carico di sofferenza e di morte. Nel documentario ho cercato di mettere da parte la retorica che spesso caratterizza questo genere di lavori e, avvalendomi della consulenza tecnica e della presenza scenica di Leonardo Malatesta, uno storico militare esperto di fortificazioni, ho mantenuto formalismo (non esasperato) e rigore scientifico, necessari quando si trattano argomenti così delicati. Pur trattandosi di un episodio cardine della grande guerra, la vicenda del forte Verena è poco conosciuta. Raccontarla tramite un documentario e ripercorrere alcuni dei luoghi che hanno visto tanti uomini morire durante quel maledetto conflitto è stato avvincente ed emozionante. Allo stesso tempo mi ha fatto riflettere su quanto questa guerra, la grande guerra, possa ancora oggi insegnare tanto alle nuove generazioni.
Vittorio Vespucci