FdP 57 - Il "Castro", crocevia di umanità nel cuore di Roma
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Castro” è il nome che quaranta famiglie hanno dato al condominio in cui vivono. Sembra una stravaganza dare un nome ad un palazzo, ma loro ci sono affezionati, da tanti anni è la loro casa, la chiamano così per esorcizzare la paura che li accomuna tutti: perderla e non sapere dove andare. La chiamano così anche quando smette di essere il loro approdo e si ritrovano catapultati verso altre, inevitabili, destinazioni.
Il documentario di
Paolo Civati e Giulia Moriggi racconta un anno della storia di un palazzone di cinque piani, nel quartiere San Giovanni di Roma, prima occupato illegalmente e poi diventato un
Centro di Assistenza Alloggiativa Temporanea (CAAT), ormai chiuso.
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Casto" non ci mostra l’occupazione, i picchetti, le manifestazioni, ma scorci di vita ordinaria, ragazzi che giocano a pallone nel cortile, piante sul davanzale, foglie mosse dal vento. “
Il Castro” ci porta nelle case, nell’ora in cui si prepara la cena, si gioca a carte, si guarda la tv.
Entriamo nell’appartamento di Claudio, agli arresti domiciliari, che vuole ricostruire la propria vita con Deborah, la sua fidanzata. Facciamo compagnia a Roberto che dà da mangiare al suo gatto, chiamato anche lui Castro, perché è ormai la mascotte del palazzo, giochiamo insieme a Khalil e suo figlio, spegniamo le candeline per il dodicesimo anniversario dell’occupazione.
Il
Castro è un posto pieno di amarezza, di disillusione, e allo stesso tempo di speranza. La piccola Sara sogna di avere una casa tutta sua, grande, con tante stanze. Dice di voler aprire un ristorante per tutte le persone che non hanno una casa, di voler aiutare gli altri, quando sarà adulta.
Il Castro è un posto dove si pensa al domani, si fanno progetti per il futuro e si decide di non demordere, anche davanti allo sfratto: “se la vita è brutta, noi siamo più brutti della vita”.
26/11/2016, 20:23
Rita Bennardello