Note di regia di "Falchi"
Falchi vuole essere una storia universale narrata con il pathos dei grandi classici della tragedia greca, a partire dalla quale tutto è stato raccontato ma prendendo forme diverse nel corso dei secoli, subendo una continua evoluzione. Ed è da questo flusso d’emozioni che ho attinto i grandi temi dell’amore, dell’amicizia e del tradimento facendoli confluire nel genere del melodramma. Durante la preparazione e sul set poi, mi sono lasciato ispirare visivamente da un filone cinematografico al quale sono particolarmente affezionato: quello di Hong Kong negli anni ’90, con i suoi melò, polizieschi e noir raccontati da grandi registi. E proprio come accadeva con Johnnie To o John Woo, anche in Falchi non ho cercato una rappresentazione neorealistica della verità, quanto piuttosto una ricostruzione credibile della realtà attraverso la spettacolarità. Così facendo, anche la violenza utilizzata attraverso le immagini diventa una metafora ma non un riflesso vivo della vita. La location è quella di una città dove affondano le mie radici, culturali e familiari. Ciò nonostante, Napoli è un luogo che può essere tanto rappresentativo quanto generico, universale appunto. Ed è per questo che ho voluto rendere la città un non luogo, evitando di conferire una geografia precisa ma rendere le strade, le piazze e i vicoli come un teatro di posa a cielo aperto, all’interno del quale si fondono e si spaccano le diverse culture che popolano l’ambiente metropolitano. L’unico elemento riconoscibile all’interno di un contesto di napoletanità, è quello della musica, fedele ad una cultura partenopea fortemente legata al genere del melodramma come poche altre sonorità sono in grado di esserlo in Italia.
Toni D'Angelo