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VIAGGIO A MONTEVIDEO - Tra monti e poesia


Giovanni Cioni torna dietro alla macchina da presa con un documentario sperimentale che guarda all'opera di Dino Campana.


VIAGGIO A MONTEVIDEO - Tra monti e poesia
Tra le pagine del suo "Diario clandestino", Giovannino Guareschi scriveva che "la poesia bisogna sentirla, non capirla". Libera e irrazionale com'è, sembra impossibile poterla riportare attraverso un altro medium, impensabile tradurla in immagine cinematografica.

E' invece questa la strada intrapresa da Giovanni Cioni, tra gli autori che nell'ultima decade ha maggiormente spinto la propria macchina da presa oltre i confini della narrazione tradizionale, in una continua sperimentazione tra arti differenti, alla ricerca di un linguaggio sempre nuovo e sorprendente.

Con "Viaggio a Montevideo" il regista franco-toscano si confronta con la poesia di Dino Campana, tornando a raccontare il viaggio e la morte, temi centrali del proprio cinema.

Pensato più come un sopralluogo che come un documentario vero e proprio, Cioni dialoga in modo diretto con lo spettatore, e lo fa palesando il proprio respiro pesante nelle lunghe passeggiate sui monti, ponendo domande ad alta voce ai suoi personaggi o trascrivendo dei personali appunti di viaggio quasi fosse un diario.

Un cimitero di montagna, vecchie foto scolorite, un caleidoscopio di immagini sbiadite di vallate differenti per conformazione e Paese di provenienza: la morte non viene mostrata, ma evocata attraverso simboli.

Completamente fuori dai tradizionali schemi, quello di Giovanni Cioni è un cinema che si interroga continuamente su se stesso e sui propri limiti, un'esperienza sensoriale che talvolta, come la poesia, più che essere capito richiede allo spettatore di essere sentito.

08/04/2017

Antonio Capellupo