Note di regia di "Amor Sacro"
Questo film non vuole essere un documentario, né un film di denuncia. Il film non vuole mostrare la guerra di un imprenditore contro la burocrazia, oppure la lotta per la sopravvivenza di un artigiano contro le leggi della concorrenza globale. Tutto questo (ed altro) è nel film, ma non nella cronaca esteriore, quanto nei riflessi che tutto ciò ha sulle coscienze e sull'anima degli individui. Padre Innocenzo (che non è un giornalista o un funzionario pubblico) deve confrontarsi con l'anima delle persone. Con tutta la miseria e tutta la nobiltà che in essa albergano (spesso convivendo). Pertanto i meccanismi spesso aberranti della società attuale vengono preferibilmente simbolizzati, oppure rievocati dai personaggi, ma da un'angolazione esistenziale, non sociologica.
Ne consegue che questo non è un film in cui abbia particolare rilevanza l'azione esteriore (nell'accezione di racconto o di trama). Ma al contempo, è lungi dal voler essere "ombelicale" o "intimista".
Le situazioni (molto concrete) con cui Padre Innocenzo deve misurarsi nella sua inedita condizione di "uomo tra gli uomini" sono numerose, ma ognuna aggiunge una tessera al mosaico interiore che si va faticosamente componendo nel suo animo, e nel suo carattere.
E forse, la stagione all'inferno che il monaco attraversa nel corso del film non approda ad una disfatta (come potrebbe sembrare), ma ad una benefica illuminazione.
Ciò che Padre Innocenzo si trova a vivere nel corso del film lo conduce non a scontati rinnegamenti di fede o a facili surrogati, bensì ad un radicale ripensamento di sé, come uomo e come uomo di fede. La sua fede è davvero così consolidata? Ed è davvero coerente con l'autentico messaggio evangelico? La sua fede non cede, ma esige una revisione sostanziale. Che non si conclude col film, perché un individuo non cambia in settimane o mesi. È un percorso lungo e accidentato, con salti in avanti e passi indietro. Ma gli stimoli che emergono lasciano intravedere gli elementi dello sviluppo futuro. Un futuro dunque già iniziato.
E su un altro piano: può un artista alienarsi dal mondo esterno? La sua arte può davvero scavare nell'abisso dell'anima per pura astrazione, senza una profonda cognizione dell'uomo e della realtà in cui vive? Si può conoscere veramente se stessi se non attraverso gli altri?
Più di una situazione allude anche a questo argomento.
E qui cade a proposito anche una considerazione di carattere generale in merito ai personaggi e alle situazioni del film. Ogni personaggio, ogni situazione ha una sfumatura simbolica. Tutto resta nell'àmbito del verosimile (quasi tutto, se vogliamo escludere le "visioni" del monaco); ma dal reale deve scaturire sempre un'ambiguità sur-reale, non in senso platealmente espressionista, quanto a livello subliminale, vale a dire: echi inconsci, risonanze sotterranee. Diversamente, il cinema non è più "cinematografo" (ovvero scrittura poetica per immagini in movimento), ma cronaca, reportage.
In questo contesto, le atmosfere degli ambienti e dei luoghi oggettivano il viaggio interiore del monaco.
La vertigine mistica della Musica sacra rinascimentale fa il resto: non semplice commento musicale, ma un vero e proprio personaggio. L'adesione al progetto da parte del coro maschile "Odhecaton" (ensemble di fama mondiale, diretto dal M° Prof. Paolo Da Col), consente al film di avvalersi delle ineguagliabili interpretazioni che questo coro ha dato - e dà - della Musica sacra rinascimentale (Josquin des Prez in primis).
Infine: può un simile film "fare breccia" nel pubblico?
Certo non potrà competere con film "di cassetta", o di autori affermati. Ma è attendibile la vulgata che vuole il pubblico disinteressato, se non insofferente, ad un cinema d'impegno (nel senso generale del termine)? Davvero il pubblico chiede solo intrattenimento o argomenti comodi e rassicuranti, magari ben confezionati? Chi scrive non è affatto sicuro che l'uomo d'oggi non si prenda cura della sua anima. Si può avere interesse a crederlo (e a farlo credere), ma la nostra visione è diversa: il Sacro, con gli annessi e connessi, è argomento eterno: in tutte le epoche e sotto tutti i cieli. Ad un pubblicitario chiederemmo: da quando in qua il Sacro è diventato argomento "di nicchia"? Già solo uno sguardo all'attuale Papa è risposta irrefutabile. Ma anche assistere ad un concerto di musica sacra rinascimentale è più che sufficiente: chiese e cattedrali stipate in ogni ordine di posti per ascoltare anche il semplice coro parrocchiale cantare messe e mottetti in latino.
Più nello specifico, il cinema recente (come non bastassero gli eterni Dreyer, Bresson, Bergman o Kieslowski) ha già dato esempi tanto significativi quanto incontrovertibili: opere come "Il grande silenzio" di Philip Gröning (2005), "L'isola" di Pavel Longuine (2006), "Uomini di Dio" di Xavier Beauvois (2010), fino al recentissimo "Ida" di Pawel Pawlikowski (2013), hanno ottenuto un riscontro di pubblico a livello internazionale che ha stupefatto molti: non noi.
Marco Zarrelli