Note di regia di "Maltese - Il Romanzo del Commissario"
Siamo negli anni settanta, a Trapani. Nel 1976 per la precisione. La musica e i movimenti studenteschi stanno cambiando il volto dell’Europa e della nostra Italia.
Ma per certi versi là, dove raccontiamo questa storia, il tempo sembra restare fermo.
Trapani è una lingua di terra immersa nel Mediterraneo, a cavallo tra la Tunisia e l’Europa, a cavallo tra il passato e il presente. Noi abbiamo cercato di raccontare il passato attraverso l’esercizio della contemporaneità. Ad esempio abbiamo cercato di raccontare la sua antichità attraverso la musica elettronica e super moderna di Ralf Hindelbeutel. In quei distorsori, in quei suoni campionati, in quelle sonorità riecheggia la musica dei Pink Floyd, che proprio in quegli anni stanno registrando i loro dischi migliori. Allo stesso tempo abbiamo cercato di mettere in scena un racconto antico in un modo moderno, con una regia, un montaggio e una fotografia che richiamassero gli anni settanta in modo inequivocabile, nei costumi, nei colori, nelle atmosfere, in una scelta di luce che si rifà alle vecchie foto di famiglia che tutti noi abbiamo nei cassetti. Utilizzando la macchina da presa in un modo che fosse il più moderno e realistico possibile, giocando con gli sfuocati, girando le scene d’azione con spettacolarità ma anche con una semplicità quasi giornalistica. E anche nella scelta del cast abbiamo fatto un lavoro quasi giornalistico. Ci siamo andati a vedere sull’”Europeo” quelle facce di poliziotti siciliani anni settanta, quella verità che subito ci comunicavano. Così abbiamo scelto attori che comunicassero la stessa verità in modo immediato: le loro pancette, i capelli bianchi, i difetti che tutti noi abbiamo diventano una bandiera di normalità. Siamo fuggiti dall’idea dei poliziotti giovani, belli e fisicati.
Nel raccontare la storia di Maltese abbiamo cercato di riunire due anime. Una che si rifà al racconto popolare, una storia classica, quasi un western, raccontata attraverso i ritmi del film di genere, con personaggi e indagini di fantasia. L’altra, una storia quasi reale, in cui quegli stessi personaggi e quelle stesse indagini affondano le loro radici nella realtà. Per chiunque abbia masticato la storia della mafia e dei suoi protagonisti degli ultimi quarant’anni, non sarà difficile riconoscere in quei poliziotti e nelle loro gesta, tanti uomini che hanno fatto la storia di questo Paese, da Cassarà a Boris Giuliano, a Mauro Rostagno, a tutti quei giornalisti che si sono sempre spesi nel racconto della verità. Nell’indagine che porta avanti il nostro commissario Maltese possiamo ritrovare gli echi di numerose indagini realmente avvenute e che oggi, a buon diritto, fanno parte della storia di questo Paese.
La scommessa, quindi, è stata quella di cercare di chiudere il cerchio con una serie che mettesse d’accordo tutti i pubblici. Un racconto complesso ma allo stesso tempo semplice e appassionante. Una messa in scena ricercata ma che non per questo risultasse ostica.
Gianluca Maria Tavarelli