FUTURE FILM FESTIVAL 19 - "Ultracorpo" di Michele Pastrello
Umberto è un mite operaio che fa piccoli lavoretti in casa per arrotondare. La sua vita scorre tranquilla, al lavoro si alternano gli incontri con una prostituta di cui è cliente abituale, fin quando il capo gli consiglia di far visita ad un giovane omosessuale che vive nelle case popolari, per sistemare un lavandino rotto. L’incontro turberà irrimediabilmente il protagonista, tanto sta spingerlo a compiere una scelta estrema.
Il film colpisce subito per l’atmosfera plumbea, la pellicola sembra infatti permeata di una tranquillità disarmante, un clima da quiete prima della tempesta che non lascia tranquillo lo spettatore, in trepidante attesa di un colpo di scena che arriverà, ovviamente, solo nel finale.
Il tutto è favorito dalla rappresentazione di ambientazioni spoglie, quasi asettiche, che inquietano proprio per il loro forte carattere perturbante.
La casa popolare, la fabbrica, sono tutti luoghi familiari, che conosciamo bene, ma qui sembrano attirare la nostra attenzione per la loro eccessiva pulizia e l’ostentato minimalismo che richiama, per esclusione, un elemento estremamente importante per il film: lo sporco.
Ultracorpo è infatti un noir fantascientifico che parla di omosessualità, e lo fa provocando lo spettatore, costringendolo cioè a fare i conti con quella che è la propria visione sul tema e forzando l’empatia con il protagonista, il quale non sopporta gli omosessuali, un po’ perchè li teme e un po’ perchè non si trova a suo agio con la sua eterosessualità (o supposta tale). Vede l’omosessualità come qualcosa di sporco appunto, ma anche spaventoso, animalesco. Dopo l’incontro con l’omosessuale anche la casa “si sporca”: il tubo appena levato dal lavandino inizia a perdere un denso liquido scuro.
Da subito è evidente il parallelismo tra gli omosessuali e gli ultracorpi, alieni creati nel 1955 dallo scrittore fantascientico
Jack Finney, dalla cui opera è stato tratto il film dal titolo
L’invasione degli ultracorpi (1956) per la regia di Don Siegel che viene anche mostrato per brevi momenti alla TV.
Questi alieni sono in grado di prendere sembianze umane e il loro obiettivo è conquistare il nostro pianeta sostituendone gli abitanti con delle copie identiche in tutto e per tutto, tranne per il fatto che sono senza sentimenti.
Michele Pastrello vuole riportare una rappresentazione degli omosessuali molto più attuale di quanto si creda, quella che li vede come esseri umani imperfetti, diversi, privi di sentimenti, degli ultracorpi appunto, che si insinuano nelle nostre città e nelle nostre case, minacciando la “normalità” dell’esistenza.
La presa di posizione dell’autore contro l’omofobia, affermata in maniera decisa dagli articoli di giornale riguardanti episodi di violenza su ragazzi gay che corredano i titoli di coda, c’è, ma non è così netta come ci si poteva aspettare.
Il personaggio omosessuale, interpretato ottimamente da
Felice C. Ferrara, ha comunque una grande ambiguità di fondo. Vive ai margini della società e arriva a fare delle avanche molto spinte a Umberto, spogliandosi nudo davanti a lui in un tentativo di seduzione che si può senza dubbio identificare come violenza psicologica, la quale comunque non giustifica alcun tipo di violenza fisica.
Pastrello dunque, intrecciando un tema attuale con la fantascienza classica, ma anche con l’ambiguità sessuale alla Cronenberg, ottiene un prodotto riuscito, che nonostante la semplicità riesce ad avere un forte impatto emotivo sullo spettatore.
Alessandro Testa05/05/2017, 08:50