ALESSANDRO STEVANON - "Omar Codazzi è una
figura mitica per la musica da ballo"
Come è nata l'idea per la realizzazione di "Sagre Balere"?
Alessandro Stevanon: Raccontare il mondo del liscio era un’idea che avevo nel cassetto già da qualche anno. L’incontro con Daniele Ietri (produttore) e Eleonora Mastropietro (co-sceneggiatore), che stavano indagando la realtà delle sagre paesane in Italia, è stata la scintilla che ci ha portato a lavorare insieme su questo progetto. Le esperienze personali, mie e di Daniele, cresciuti entrambi nelle provincie del Nord (n.d.r. Alessandro nato e cresciuto ad Aosta e Daniele nato a San Giorgio di Nogaro - UD), hanno semplificato e rafforzato l’idea che è alla base di questa produzione.
Come avete conosciuto e come avete interagito con Omar Codazzi nella realizzazione del documentario?
Alessandro Stevanon: Da subito abbiamo sentito l’esigenza di trovare un rappresentante di questo mondo che incarnasse da una parte il ballo liscio della tradizione ma che avesse in qualche modo saputo innovare o attualizzare il genere. Allora ci siamo rivolta a Angelo Zibetti, patron dell’allora Radio Zeta, l’emittente locale più seguita nel Nord Italia interamente dedicata alla musica da ballo. Grazie alla sua collaborazione, tanto importante da diventare co-protagonista del film, siamo riusciti a contattare Omar. Già dal primo incontro, le sue qualità canore e l’impressionante calore e umanità che dimostrava con il suo pubblico ci hanno immediatamente convinti che sarebbe stato lui il nostro protagonista.
Che realtà hai incontrato intorno al mondo di Codazzi e delle sue performance live?
Alessandro Stevanon: Omar è una figura mitica per la musica da ballo, un genere ignorato dei media e considerato un settore marginale, spesso giudicato come ridicolo o grottesco. Al contrario di questa immagine invece, le orchestre da ballo sono presenti in tutte le regioni del Nord Italia e costituiscono un fenomeno di costume e un settore economico che interessa oltre un milione di spettatori l’anno. Le sagre d’estate e le balere di inverno sono il cuore di questo mondo, luoghi nei quali quasi ogni sera si raccoglie l’Italia minore, la provincia italiana, cresciuta negli anni del boom e oggi invecchiata.
Omar è il re di questo mondo, dove i palchi sono i palchetti delle sagre o delle sale da ballo, il pubblico è composto per lo più da anziani, i dischi sono autoprodotti e le canzoni raccontano con uno stile melodico e tradizionale un mondo ormai scomparso fatto di campanili, mamme e amori tormentati, oggi forse alle sue battute finali.
Si può definire "Sagre Balere" come un film, non solo sul personaggio di Omar, ma anche un film su un mondo che sta scomparendo, come quello legato al Liscio?
Alessandro Stevanon: Omar è il “mezzo” attraverso il quale il racconto attraversa e presenta persone e luoghi. Luoghi che, anche se mai frequentati, sono impressi nell’immaginario collettivo. Uno spaccato della vita che si svolge, a suon di musica e a passo di danza, nelle tante sale da ballo, grandi o piccole, ma anche nelle numerose feste di piazza, presenti nelle città e nelle periferie del nord Italia. Un mondo marginale, dimenticato dei media e ignorato dall’industria discografica, apparentemente legato ad un tempo passato ma ancora vivo e anzi, in continua metamorfosi ed evoluzione, con le sue regole e i suoi codici. Un complesso e multiforme mondo costellato da una coralità eterogenea di storie, che si fondono e che sono parte delle identità dei territori dai quali provengono. Il film testimonia questo continuo scambio tra luoghi e storie. L’obiettivo è far emergere qualcosa di più sorprendente e articolato della sola osservazione o della sola messa in scena: una drammaturgia semplice ma in grado di raccontare la realtà con un occhio a metà tra il documentario e la finzione.
Per concludere, che progetti hai per il futuro?
Alessandro Stevanon: Attualmente sto lavorando a due progetti. Il primo è una produzione per RSI Radiotelevisione svizzera per un documentario dal titolo “La primavera tarda ad arrivare” incentrato sulla difficile situazione post-terremoto nella zona dei Monti Sibillini nelle Marche. Un viaggio visivo che diventa un lungo elenco di case, stalle e alberghi da demolire e frazioni sepolte sotto un metro e oltre di neve e ghiaccio che rischia di congelare anche le speranze di chi qui vorrebbe ricostruire un futuro. Il racconto seguirà le storie in parallelo, intime e coraggiose, di chi è rimasto e di chi è stato “deportato” al mare. Voci che tentano di guardare a un domani che pare un lontano miraggio.
Il secondo è un cortometraggio di finzione, prodotto da Redibis, che racconta l’amicizia sui generis tra un ragazzo e un immigrato senegalese anziano sullo sfondo delle cronache degli sbarchi e dell’accoglienza dei migranti in una cittadina del Nord Italia.
27/05/2017, 09:00
Simone Pinchiorri