Note di regia de "I Peggiori"
Non è facile scegliere la propria opera prima, credo che rappresenti per tutti gli autori un momento di estrema riflessione. Ho cominciato a scrivere "I Peggiori" quando ancora frequentavo il liceo. Avendo cambiato numerose città e scuole a causa del lavoro dei miei genitori, non sono mai riuscito a crearmi delle amicizie stabili. Eppure non ero mai solo. Centinaia di fumetti e film hanno accompagnato la mia adolescenza e grazie a loro sono riuscito a trovare una valvola di sfogo per un carattere esuberante e sempre alla ricerca di qualcosa. Soprattutto grazie ai supereroi riuscivo ad estraniarmi, creandomi mondi e storie nelle quali io ero protagonista. Ma una cosa mi è sempre stata chiara, in Italia, un eroe votato solo alla giustizia non avrebbe potuto essere concreto quanto in America. La loro è una cultura basata sul patriottismo, mentre la nostra, molto spesso, sull'arte di arrangiarsi, soprattutto nel paese del sud in cui vivevo all'epoca, Caserta. Così è nata in me l'idea di due fratelli sgangherati che si ritrovano ad essere eroi contro ogni pronostico e, soprattutto, contro la loro volontà, ma che, una volta accettato il compito, lo portano a termine con perseveranza nonostante mille difficoltà. Ho sempre amato le commedie, quelle in cui si ride, ma che ti fanno anche assaporare il gusto amaro delle cose. Ecco perché, col passare del tempo, ho capito che “I Peggiori” doveva racchiudere molti concetti: il valore della famiglia, il rispetto del lavoro e della società e il cammino difficile che le persone devono affrontare per migliorarsi, perché tutti hanno la possibilità di cambiare. Questi due improbabili "eroi" avrebbero cambiato le cose e aiutato le persone, con modi poco ortodossi e a volte sconclusionati, ma dannatamente efficaci. Come spesso accade, crescendo, ho abbandonato il progetto per dedicarmi ad altro. Poi, tre anni fa, quasi svogliatamente, scorrendo le foto sul mio computer, ne ho ritrovata una del liceo in cui reggevo tra le mani la mia prima sceneggiatura, "Un segno del destino”, ho pensato. E così l’ho ripresa in mano e ne ho tirato fuori il film che ho sempre avuto in mente.
Vincenzo Alfieri