TIZIANA SOUDANI - Intervista alla produttrice
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Tiziana Soudani produttrice locarnese lo scorso gennaio è stato conferito il premio d’onore delle
52esime Giornate di Soletta. Il riconoscimento, creato nel 2003 dai comuni del distretto di Wasseramt, “ricompensa ogni anno personaggi che si distinguono dietro le quinte in favore del cinema svizzero”. La produttrice locarnese in occasione dell’importante riconoscimento ha tra l’altro dichiarato: ”Considero il Premio d'onore delle Giornate di Soletta come un meraviglioso regalo per il trentesimo anniversario della mia casa produttrice e un importante riconoscimento per il cinema ticinese”.
Tiziana Soudani, nata e cresciuta a Locarno, fonda con il marito Mohammed Soudani la società di produzione cinematografica Amka Films nel 1987. Dal 1992 al 1995 collabora con il Festival del film Locarno, dapprima come coordinatrice della sezione Pardi di domani e in seguito come assistente del direttore artistico Marco Müller. Dopo diverse esperienze e produzioni di documentari in Africa, torna con il marito a lavorare in Svizzera occupandosi sempre più di produzioni cinematografiche nazionali ed europee.
Tra i vari film da lei prodotti, la commedia di grande successo “Pane e Tulipani” di Silvio Soldini, “Waalo Fendo, dove la terra gela” (Premio per il miglior Film Svizzero 1998) di Mohammed Soudani, nonché “Vodka Lemon”, di Hiner Saleem, “L’intervallo”, di Leonardo Di Costanzo, entrambi premiati a Venezia e “Le meraviglie” di Alice Rohrwacher, Gran Premio della Giuria a Cannes.
Gli ultimi film prodotti, “Il nido” di Klaudia Reynicke (Cinéastes du Présent al Festival di Locarno 2016) e “Le ultime cose” di Irene Dionisio (Festival di Venezia, Settimana della Critica), sono entrambi opere prime di due giovani registe. Tiziana è molto attiva anche nei documentari, avendone prodotti finora circa un centinaio. Molti di essi sono stati premiati a livello internazionale, fra cui citiamo “Guerre sans images”, di Mohammed Soudani, presentato alla Settimana della Critica del Festival di Locarno, e “An African Election” di Jarreth Merz, selezionato al Sundance e vincitore del premio del pubblico a Visions du Réel di Nyon.
In primis congratulazioni per la coproduzione di “L’intrusa” di Leonardo di Costanzo molto apprezzato proprio in questi giorni alla Quinzaine des Réalisateurs.
Inizio con una domanda, forse scontata, ma fondamentale. Cosa vuol dire essere produttrice?
Bella domanda. In realtà, la produttrice/il produttore sono gli iniziatori di un progetto assieme agli autori e garantiscono a questi ultimi di poter realizzare il loro film o documentario. In pratica, il produttore cerca i finanziamenti necessari affinché il film possa vedere la luce. Ma non solo: il produttore accompagna anche l’autore in tutte le fasi di sviluppo, di preparazione, di realizzazione, di montaggio e di finizione del progetto. Il ruolo del produttore/della produttrice non finisce qui, poiché lui o lei si occuperà di trovare per il film un distributore nazionale e internazionale per farlo uscire in sala, per una diffusione televisiva o altro e per promuoverlo nei festival.
A quale dei film che ha prodotto si sente più legata?
Non mi sento più legata ad un film piuttosto che ad un altro, ogni film ha la sua storia e ogni rapporto tra produttore/produttrice e autore/autrice è diverso e arricchente. Ciò che più mi preme è essere partecipe di un film che abbia qualcosa di profondo da raccontare, da trasmettere. Da lì nascono anche un pensiero e una ricerca che accomunano autore/autrice e produttore/produttrice. Solitamente è il progetto stesso che crea un legame profondo tra i due. Non produrrei mai un film per ragioni puramente economiche.
Nella sua famiglia, lei è produttrice, suo marito è regista, sua figlia Amel è responsabile dell’Ufficio stampa del Festival di Locarno, “che aria si respira”?
Sovente le nostre figlie hanno dovuto sorbirsi molte riflessioni e discussioni legate alla nostra professione. Sicuramente entrambe sono cresciute immerse nel mondo dell’audiovisivo e vicine al Festival di Locarno ma ognuna ha scelto la propria strada indipendentemente da noi. La maggiore ha intrapreso un percorso scientifico, mentre la più giovane ha scelto di lavorare nella comunicazione e cosa c’è di meglio in questo campo che lavorare al Festival di Locarno?
Qual è la giornata tipo di una produttrice?
Ogni giornata è diversa e dettata dalle situazioni del momento. Se si sta girando un film si va spesso sul set per seguire da vicino il lavoro di tutta l’équipe tecnica ed artistica. Se si è in sviluppo si passano molte ore in ufficio, come tante altre persone. Ci sono poi i vari spostamenti necessari per incontri produttivi e/o festivalieri.
Quali sono i suoi progetti in cantiere?
In questo momento abbiamo tre documentari in montaggio, una nuova fiction e un documentario in preparazione e due progetti di fiction in fase di scrittura.
In una recente intervista al Corriere del Ticino (in occasione del 70° del Festival di Cannes) lei ha ricordato la sua Cannes professionale. Al Festival di Locarno lei è di casa, in quanto lo frequenta da più di 30 anni, potrebbe dire ai nostri lettori, quali sono stati per lei i momenti più significativi?
Da giovane mi affascinavano le proiezioni serali. Mi sembrava tutto magico, tutto impalpabile. Poi ho collaborato per quattro anni con il Festival di Locarno. In seguito il legame con il festival è rimasto, in primo luogo perché Locarno è uno dei più bei festival in assoluto, dove non solo si corre agli appuntamenti ma vi è anche il tempo di gustarsi dei film. Ora non vi è più la magia del giardino del Grand Hotel che ho assaporato da giovane, ma la magia della Piazza Grande che è ancora più suggestiva. Per me i dieci giorni del festival sono sempre dei momenti importanti di conoscenza, d’incontri, di nascita di progetti futuri.
23/06/2017, 08:37
Augusto Orsi