Note di regia di "Urli e Risvegli"
Capita spesso di passeggiare per le strade di una città metropolitana, sembra che la via urli attorno a te e tra le teste che si mescolano confuse e sfocate, può capitare di incrociare uno sguardo in fiamme, che arde.
Presto lo riconosci, fissandolo nella tua mente, come un’istantanea.
L’incontro con Carmine è stato così: una persona comune che nasconde un mondo interiore sterminato, animato da un triste lamento, che trema dentro, senza voce. Acre saliva, gorghi amari, pupille lucide, specchio di sogni e vertigine.
E’ nato così il ritratto di un uomo, appunti visivi nel suo quotidiano apparentemente così statico, ma in continua evoluzione. Un uomo proveniente da una regione geografica senza possibilità, che nella sua vita avrebbe voluto recitare e fare l’attore. Colpevole di essere nato in un luogo arido e nascosto, dal quale non è riuscito a fuggire. Ma forse è stato meglio così, perché nella libertà, Carmine è riuscito a trovare la sua vera forma di espressione. Una poesia che ricorda forse l’espressionismo di Rebora, così violenta, così urlata, oppure gli scorci del “maledetto” Campana. Versi in volgare che tratteggiano personaggi “felliniani”, anime che affollano buie caverne e paludi torride, borghi rossi e turriti, corpi primitivi che dipingono riquadri mitici. Riflessioni e stralci pronti a cogliere gli stimoli provenienti dal mondo quotidiano. Un lavoro sulla parola che ha rivelato a Carmine un modo per leggere la realtà, senza evaderla.
Nicola Ragone